Quando Zeus sconfisse i Titani e li rinchiuse nel Tartaro o quando gli dèi dell’Olimpo sconfissero i Giganti, Gea (la Madre Terra) per vendicarsi giacque con Tartaro nella grotta di Coricia in Cilicia e generò il più giovane dei suoi figli, Tifone: il mostro più grande che mai vedesse la luce del sole.
Dalle cosce in giù era tutto un groviglio di serpenti e le sue braccia che, allargate coprivano cento leghe in ogni direzione, avevano innumerevoli teste di serpenti in luogo di mani. La sua orrenda testa d’asino toccava le stelle, le sue ampie ali oscuravano il sole, fiamme uscivano dai suoi occhi.

Wenceslas Hollar – Gli dei greci. Tifone – Wikipedia, pubblico dominio

Quando si lanciò all’assalto dell’Olimpo, gli dèi fuggirono terrorizzati in Egitto dove si travestirono da animali: Zeus divenne un ariete, Apollo un corvo, Dioniso un caprone, Era una vacca bianca, Efesto un bue, Artemide un gatto, Afrodite un pesce, Ares un cinghiale, Ermete un ibis e così via.
Soltanto Atena non si mosse e rimproverò Zeus per la sua codardia finché il sommo dio, riassumendo le sue vere sembianze, scagliò da lontano dei fulmini contro Tifone e, lottando a corpo a corpo, l’abbattè con il medesimo falcetto di cui s’era servito per castrare Urano.
Ferito e ululante, Tifone si rifugiò sul monte Casio, e colà il mostro, che era soltanto ferito, avvolse Zeus nelle sue mille spire, gli strappò il falcetto e dopo aver tagliato i tendini delle sue mani e dei suoi piedi lo trascinò nella grotta di Coricia. Nascose i tendini di Zeus in una pelle d’orso e li affidò alla custodia di Delfine, sua sorella, un mostro per metà donna e per metà serpente.

La notizia della sconfitta di Zeus sparse il panico tra gli dèi, ma Ermete e Pan si recarono segretamente alla grotta di Coricia, dove Pan terrorizzò Delfine con un improvviso orribile urlo, mentre Ermete abilmente sottraeva i tendini per rimetterli nelle membra di Zeus che ritornò sull’Olimpo e, salito su un carro trainato da cavalli alati, inseguì di nuovo Tifone scagliando folgori.

Zeus scaglia il fulmine contro Tifone, hydria calcidese a figure nere, 550 AC, Staatliche Antikensammlungen – Wikipedia, pubblico dominio

Tifone era andato sul monte Nisa, dove le tre Moire gli offrirono frutti effimeri facendogli credere che gli avrebbero ridonato forza, mentre invece lo predisponevano a sicura morte.
Tifone raggiunse poi il monte Emo in Tracia e, accatastando le montagne l’una sull’altra, le fece rotolare verso Zeus che, protetto da una cortina di folgori, riuscì a salvarsi mentre le montagne rimbalzavano indietro su Tifone, ferendolo in modo spaventoso. I fiumi di sangue sgorgati dal corpo di Tifone diedero al monte Emo il suo nome.
Il mostro volò poi in Sicilia, dove Zeus pose fine alla sua fuga schiacciandolo sotto il monte Etna, che da quel giorno sputa fuoco.

Si attribuisce a Tifone la paternità di vari mostri ch’egli generò da Echidna, figlia di Calliroe e di Crisaore, e cioè:

  • Cerbero, il cane infernale a tre teste;
  • l’Idra, serpente acquatico dalle molte teste che viveva a Lerna;
  • la Chimera, capra che sputava fiamme, con la testa di leone e la coda di serpente;
  • la Scrofa di Crommione;
  • l’avvoltoio che torturò Prometeo;
  • Ladone, il drago che sorvegliava i pomi d’oro delle Esperidi;
  • Ortro, il cane a due teste, che giacque con la propria madre e generò in lei la Sfinge di Tebe e il Leone Nemeo.

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: unmondoaccanto.blogfree sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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