• Luca 21,5-19

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». 
 Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
 Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza.
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita
».
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RIFLESSIONI:

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Il cardinale Raniero Cantalamessa – Wikipedia, foto di Ave Maria rilasciata cin licenza CC BY 3.0

E’ stolto affannarsi a voler scrutare quando sarà la fine del mondo, quando per ciascuno di noi la fine del mondo può essere stasera, o domani, perché la morte per ciascun individuo è la fine di questo mondo.

Quindi, c’è un richiamo fortissimo che, purtroppo, lo sappiamo bene, non ci entra facilmente nelle orecchie, a noi uomini, ed è il richiamo che Gesù fa quando dice: “Vigilate”.

Se avessimo davanti un’ora precisa, alla quale ognuno di noi sapesse di dover morire, inizierebbe un conteggio alla rovescia che sarebbe ilparossismo dell’angoscia.

Quindi, ha fatto bene Dio a tener nascosta sia l’ora della nostra fine, sia quella della fine del mondo. .
(padre Raniero Cantalamessa)

Stralcio testo tratto dalla pagina: chiesacattolica.ilcattolico.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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I discepoli ammirano l’architettura del tempio. Gli occhi di Gesù si spingono più in là: egli vede la distruzione di Gerusalemme, i cataclismi naturali, i segni dal cielo, le persecuzioni della Chiesa e l’apparizione di falsi profeti. Sono manifestazioni della decomposizione del vecchio mondo segnato dal peccato e dalle doglie del parto di nuovi cieli e di una terra nuova. In tutte le pressioni e le estorsioni esercitate sulla Chiesa, noi non dovremmo vedere qualche cupa tragedia, perché esse purificano la nostra fede e confortano la nostra speranza. Esse sono altrettante occasioni per testimoniare Cristo. Altrimenti il mondo non conoscerebbe il suo Vangelo né la forza del suo amore.

Luca Signorelli, 1501 – Il diavolo sussurra all’Anticristo; particolare da Prediche e gesta dell’Anticristo, Duomo di Orvieto. – Wikipedia, pubblico dominio

Ma un pericolo più grande incombe su di noi: si tratta dei falsi profeti che si fanno passare per Cristo o che parlano in suo nome. Approfittando delle inquietudini e dei rivolgimenti causati dalla storia, i falsi profeti guadagnano alle loro ideologie, alle loro idee pseudo-scientifiche sul mondo e alle loro pseudo-religioni.
La vera venuta di Cristo sarà invece così evidente che nessuno ne dubiterà. Gesù incoraggia i suoi discepoli di ogni tempo a rimanere al suo fianco sino alla fine. Egli trasformerà tutte le infelicità, tutti i fallimenti e persino la morte del martire in risurrezione gloriosa e in adorazione. 

Stralcio testo tratto dalla pagina: lachiesa.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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Nemmeno un capello del vostro capo perirà

Il brano che la Liturgia della domenica XXXlll del tempo ordinario ci propone, Lc.21,5-19, fa parte del “discorso escatologico”, il discorso che riguarda le “cose ultime” e che intende rivelarci che l’esito finale del mondo e della storia si trova oltre il tempo e lo spazio.
Tuttavia Gesù non vuole soddisfare la curiosità di chi aspira a conoscere come sarà questo “oltre” il tempo e lo spazio ma illuminare il presente perché, ascoltando la sua parola, il suo discepolo sappia “vedere” il mondo che passa e finisce, come “segno” di una realtà che rimane per sempre. Gesù, la sua persona, la sua parola, sono la chiave interpretativa di tutta la realtà e della storia: Egli è il figlio di Dio che si è fatto uomo, è la Parola incarnata, è la fragilità che passa e la vita eterna che rimane.
La Croce di Gesù è il momento più intenso della rivelazione del senso di tutto ciò che esiste: è il punto più drammatico della oscurità, della fragilità, dell’assurdo non senso e pure è il momento della luce più intensa, della vita che risorge, che vince al di là della morte.
La Croce di Gesù è la rivelazione che il senso finale di tutto è l’Amore: l’amore che si annienta, che muore per diventare veramente amore, che si svuota di sé per accogliere il dono più grande. L’Amore è il senso più vero di questo mondo che passa e che muore, per poter entrare nell’infinito dell’Amore che non passa più. Così, non sappiamo come sarà l’ “oltre”, ma sappiamo che sarà la pienezza dell’amore che è già la vita del mondo: Gesù invita i suoi discepoli a non attaccarsi alle cose che passano, a non farsi illusioni, a non crearsi idoli, ma a vivere intensamente l’ “oggi” che passa incominciando a gustare l’amore che non passerà più, ma diventerà sempre più grande.
Vivere l’amore, liberare, dilatare gli spazi dell’amore, è il messaggio di Gesù attraverso il suo discorso escatologico: solo l’Amore rimarrà per sempre. Ma questa prospettiva stupenda che la parola di Gesù ci apre, non è facile: sarebbe superficiale ritenerla tale, è fortemente esigente.
L’Amore si configura con la Croce di Gesù: occorre credere in Lui. Solo la fede ci apre la via dell’Amore e ci assicura la vita che non muore: la fede richiede il discernimento, il coraggio di decidere nel percorso di questa vita nella quale sovrabbondano le voci discordanti, le paure, i miti, gli idoli. Il discorso di Gesù si fa quindi raffinatamente pedagogico: solo il coraggio della libertà, apre alla fede e all’Amore.

Nicolas Poussin – Distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte di Tito – GG 1556 – Kunsthistorisches Museum, Vienna – Wikipedia, pubblico dominio

Luca ci ha condotti con Gesù nel Tempio: “Mentre alcuni parlavano del Tempio, delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse: Verranno giorni nei quali di quello che voi ammirate, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà demolita”. Se una lettura superficiale ci fa pensare che Gesù (e Luca) alluda alla distruzione materiale del Tempio che sarebbe accaduta tra pochi anni, una lettura attenta ci fa capire che egli parla di una realtà più profonda. Luca sottolinea la diversità del modo con cui “alcuni” ammirano il Tempio e con cui lo guarda Gesù. Questi “alcuni” sono i suoi discepoli che ammirano il Tempio, il luogo sacro per eccellenza, la bella costruzione e i ricchi doni votivi che lo adornano. Gesù ne guarda la fragilità, la precarietà, non solo in quanto struttura materiale, ma proprio in quanto segno della relazione con Dio.
Non sono tanto i Romani che distruggeranno il Tempio, ma è lui stesso, Gesù, che non lascerà pietra su pietra di un sistema cultuale splendido da ammirare, ma che rischia di illudere le attese più profonde dell’uomo perché non risponde alle domande che angosciano la sua mente e il suo cuore.. Così Gesù che ormai è prossimo alla passione, educa i suoi discepoli (e noi, oggi), ad andare oltre il Tempio e il sistema che esso esprime, a liberarsi, anzi a guardarsi da ciò che “è solo una cosa da ammirare”, per aprirsi alla novità di un segno nuovo che è l’opposto di ciò che appare, ma, che, nella più piena verità, realizza le attese dell’uomo.
A Luca interessa dire con chiarezza la novità che è Gesù, in rapporto al Tempio: e ancora una volta sottolinea il capovolgimento che Dio opera in rapporto all’uomo, allo splendore del Tempio Dio sostituisce l’umiliazione della Croce, ma la Croce è lo splendore dell’Amore, è la luce della gloria di Dio.

I discepoli hanno capito che il “maestro” sta aprendo per loro orizzonti nuovi, sta offrendo loro un “segno” nuovo. Ma essi ancora sono curiosi di conoscere il “come” e il quando”: il “maestro” procedendo nella sua pedagogia, chiede loro la fede, una fede pura, spogliata di orpelli, che non cerca appoggi, chiede l’abbandono totale in “Lui solo”. “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo “Sono io”, e “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro”. Cercare, senza lasciarsi ingannare, Lui solo (l’ “Io sono”) è il cammino più liberante e più esigente della fede.
Poi Gesù continua l’educazione della fede dei suoi discepoli che vivendo nella storia sperimentano la paura, il terrore delle guerre, dei disastri che accadono in diversi modi, delle persecuzioni, dell’odio…Ai suoi discepoli che vivono nella storia, Gesù chiede di non volerne uscire, di rimanere dentro la complessità, l’oscurità, l’avversione: questa è la via della Croce. Ai suoi discepoli chiede la fede, la perseveranza: è dentro l’oscurità che risplende la luce, dentro la povertà più ripugnante che si fa strada l’onnipotenza di Dio. Ai suoi discepoli assicura: “Avrete allora occasione di dare testimonianza…io vi darò parola e sapienza”. La fede è la certezza che Lui è con noi, non dove e come noi vorremmo che fosse, ma dove e come Lui ci accompagna: nel mondo fragile, debole, peccatore. “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome”: con i suoi discepoli Gesù è estremamente sincero e realista, non nasconde nulla, non illude nessuno. “Sarete odiati da tutti a causa del mio nome”: è drammatico quel “da tutti”. La fedeltà alla sua persona può condurre alla solitudine, alla emarginazione, all’odio anche da parte di quelli che sono più vicini, anche all’interno della Chiesa.
Ma se tutto è così, che senso ha la vita, il mondo, la storia? Di chi fidarsi, con chi consolarsi, appoggiarsi? Ai suoi discepoli Gesù chiede solo la fede fondata solo sulla sua Parola: “Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto: con la vostra perseveranza salverete la vostra vita“. Vivere dentro la storia con l’Amore di Cristo, amare il mondo con tutti i suoi drammi, significa porre il seme di Dio dentro ciò che è fragile. Non sarà lasciata pietra su pietra di ciò che ammiriamo, non resteranno le belle pietre, non resteranno i doni votivi, tutto ciò che è nostro finirà: rimarrà ciò che abbiamo creduto, con fede pura, rimarrà solo l’Amore perché l’Amore è Dio.

Stralcio testo tratto dalla pagina: mons. Gianfranco Poma sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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Per ulteriori spunti di riflessione vedi: Lasciamoci guidare

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