Testa ritraente Platone rinvenuta nell’area sacra in Largo Argentina (1925) a Roma – Wikipedia, pubblico dominio

Il Timeo, scritto intorno al 360 a.C. da Platone, è il dialogo platonico che maggiormente ha influito sulla filosofia e sulla scienza posteriori. In esso vengono approfonditi essenzialmente tre problemi: quello cosmologico dell’origine dell’universo, quello fisico della sua struttura materiale, ed infine quello, anche escatologico, della natura umana. Ai tre argomenti corrispondono altrettante parti in cui è possibile suddividere l’opera, alle quali va aggiunto il prologo.

Platone presenta questo dialogo come tenuto il giorno dopo di quello de La Repubblica. Alla conversazione partecipano Socrate, il pitagorico Timeo di Locri, Ermocrate e Crizia; Socrate esprime il desiderio che la città ideale che si era teorizzata il giorno precedente venga ora presentata in azione, come vivente. Allora Crizia inizia il suo racconto, appreso da suo nonno, dell’antica Atene di 9000 anni prima, che nella sua magnificenza era riuscita ad opporsi all’espansionismo di Atlantide. In seguito si stabilisce su cosa verterà il dialogo di quel giorno, delineando i temi fondamentali di questo scritto.

A 2500 anni dalla stesura del Timeo, la ricerca di Atlantide non si è ancora spenta. Atlantide si sarebbe trovata nell’oceano Atlantico centro-settentrionale, al di fuori delle Colonne d’Ercole (quindi tra l’Europa e l’America) e sarebbe stata sommersa da un cataclisma almeno 9000 anni prima di Cristo, forse per la caduta di un asteroide nell’oceano. I miti tradizionali su Atlantide la definiscono una avanzatissima civiltà antidiluviana, la favolosa civiltà delle “Sette isole del Mare di Occidente”, retta da una “Schiatta Divina” nella “Età dell’Oro”, e sarebbe riferibile ad una colonia extraterrestre, gli antenati dell’odierna umanità, successivamente imbarbaritisi e dispersi da catastrofi naturali a carattere planetario.

Atlántide minoica – Scena di Akrotiri, capitale di Thera – Wikipedia, pubblico dominio

Non solo Platone o gli egiziani si riferivano ad Atlantide; gli Aztechi dicevano di provenire da Aztlan, un luogo posto ad oriente, nell’Oceano Atlantico; gli Olmechi parlavano di Atlaintika, i Vichinghi di Atli, i Celti di Avalon (sostituite la v con la t), i Fenici e i Cartaginesi, di Antilla; i Berberi di Atarantes e gli Irlandesi di Atalland. Nel testo epico Bhagavata Purana, in cui si narra della lotta del re Salva contro il dio Krishna. Salva si era procurato un Vimana, grazie all’aiuto di un certo Maya Danava, qualificato come “abitante di un sistema planetario chiamato Talatala”.

Nelle leggende del nord Europa vi è un riferimento alle quattro isole a Nord del mondo, da cui provennero i Tùatha Dé Danaan.

Dhyani Ywahoo, una Cherokee della ventisettesima generazione, che condivide la saggezza ancestrale tramandatale dai suoi avi, racconta che, molto tempo addietro, esseri provenienti dalle Pleiadi giunsero nelle cinque isole di Atlantide e vi si insediarono.

Nell’ultimo periodo di Atlantide gli abitanti abusarono dei loro poteri e divennero corrotti. A causa di tali cattive azioni l’isola sprofondò e gli antenati dei Cherokee orientarono la prua ad occidente, verso il continente americano. Nella mitologia greca, le Pleiadi erano le sette figlie di Atlante.

Deve essere menzionata, anche se la storia non è verificabile, la “Storia delle Sette Isole del Mar d’Occidente” degli Eleusini Madre, una tradizione esoterica arcaico erudita, che secondo gli Eleusini, gli antichi progenitori di Atlantide sarebbero provenienti da un pianeta del sistema stellare Tau Ceti, il cui nome è Phikkesh Tau, che verso il  centosedicesimo millennio a.C., avrebbero scoperto il volo spaziale ed iniziato l’esplorazione del Cosmo, ed intorno al 92.000 a.C. una spedizione di Phikkesh Tau penetra nel sistema solare e ne colonizza alcuni pianeti, tra cui la Terra. Manipolando geneticamente una scimmia e attraverso una fusione del suo DNA con quello extraterrestre, i coloni crearono l’homo sapiens che avrebbe popolato in seguito l’intero pianeta.

Tutte fantasie? Probabile. Ma, a prescindere dai testi esoterici, la possibilità che Atlantide sia veramente esistita è sempre più verosimile e l’umanità dovrebbe riappropriarsi di quella fetta scomparsa e dimenticata del suo passato.

Ora analizziamo il mito con un’ottica più calzante

Il mito di Atlantide narrato nei Dialoghi (Timeo e Crizia) di Platone ci racconta non solo dell’Isola che posta oltre le “Colonne d’Ercole” (l’attuale stretto di Gibilterra) ma sostiene che gli atlantidei governarono o meglio erano conosciti e si spinsero per tutto il Mediterraneo estendendo i domini fino all’Egitto e alla Grecia, non solo ma viene offerto, sempre da Platone, uno spunto interessante anche nella descrizione topografica della città capitale.

“La città era divisa in dieci zone divise tra i figli di Poseidone, cinque coppie di gemelli maschi sui quali dominava Atlante il primogenito.”

E la sua struttura era basata sul cerchio. Anelli circolari di acqua e terra si alternavano per tre circonferenze ciascuna, e le terre erano protette da alti muri di metallo e collegate con dei ponti mentre un lungo canale congiungeva il porto con il mare aperto consentendo l’ingresso alle navi.

Un disco di terra con una triplice cinta, una immagine questa piena di significati simbolici e filosofico-esoterici.

La triplice cinta in forma circolare (di solito ha una forma quadrangolare) rappresenta il punto di partenza della dottrina e il suo centro, un punto messo ben in evidenza, rappresenta la sorgente della dottrina stessa.

Questa immagine richiama alla memoria i labirinti antichi e i graffiti celtici dell’età del bronzo ed è immediatamente ricollegabile alla immagine della ruota del sole, o dei dischi solari che fin dall’antichità determinavano mediante la loro ciclicità lo scorrere della vita sociale, agricola e spirituale…

Stralcio testo tratto da un articolo di pubblicato nella pagina umsoi.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

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