Simon Vouet – Le Muse Urania e Calliope.- Wikipedia, pubblico dominio

Me vero primum dulces ante omnia Musae,
quarum sacra fero ingenti percussus amore,
accipiant caelique vias et sidera monstrent,
defectus solis varios lunaeque labores …
Verg., Georg., II, 475-478

Così Virgilio invoca le Muse, affinché gli schiudano i segreti del cielo, le eclissi e le fasi lunari: è questo in particolare il compito che la tradizione attribuisce ad Urania, Musa dell’astronomia, che eleva la contemplazione dell’ uomo dalle cose terrestri a quelle celesti donandogli serenità e pace.

La mitologia ci tramanda due versioni del mito di Urania, la divinità che trae il nome da Urano (cielo): la tradizione erodotea la considera figlia del cielo e della luce e corrisponde alla Mylitta assira, alla Ashera (Astarte) di Cartaginesi e Fenici, alla Alilat degli Arabi (da un etimo incerto a-lilat = notte), ed alla dea Artimpara degli Sciti. In questa accezione Urania è identificata con Afrodite Urania, ossia la Venere celeste, secondo una tradizione probabilmente conosciuta anche da Esiodo, quando afferma che Afrodite era figlia di Urano (Theog. 989).

Nella tradizione più nota Urania è la Musa che presiede all’astronomia, ancorché essa non figuri nel novero delle tre Muse originariamente conosciute da Pausania e Varrone: figlie del Cielo, adorate sull’Elicona per iniziativa degli Aloadi, sono denominate MeléteMneme Aoidé , preposte alla meditazione, alla memoria ed al canto, considerati i requisiti fondamentali di ogni poema.
Cicerone riconosce quattro Muse: Telsiope Aoidé Mneme e Meléte. Varrone narra che si giunse al numero di nove perché, avendo i Liconi commesso a tre scultori diversi la statua delle tre Muse primarie, tutti e tre realizzarono opere così pregevoli che vennero tutte collocate nel tempio di Apollo ed ivi onorate.
Diodoro Siculo ci tramanda inoltre che Osiride aveva una corte tutta composta di musici e ballerini, sui quali eccellevano per maestria nove sorelle ed un fratello, che egli volle chiamare rispettivamente Muse e Musagete.

La musa Urania dalle illustrazioni di Virgilio Solis (1562). – Wikipedia, pubblico dominio

La mitologia greca, nella sistemazione esiodea (Teogonia, vv. 75-103, 915-917), considera Urania una delle nove Muse, divinità minori figlie di Zeus e di Mnemosine dalla bella chioma, la dea della memoria; Zeus si unì a Mnemosine, figlia di Gaia e di Urano, per nove notti di seguito, ed in capo ad un anno nacquero le Muse in Pieria, la regione posta sulle pendici orientali dell’Olimpo, per poi stabilirsi sul monte Parnaso e presiedere alle arti liberali.

Nella sistemazione del mondo terreno cui assolve la seconda generazione degli Dei, le Muse infatti, dotate di ogni grazia ed amanti della musica, sono destinate a dispensare serenità con il loro canto celestiale, intonando l’inno di vittoria dopo che gli Olimpici hanno sconfitto i Titani.

Si suole poi articolare il mito in due tradizioni, quello delle Muse di Tracia, o Pierie (attorno alla località di Pimpla), e quello delle Muse di Elicona in Beozia; le prime sono in rapporto con il mito di Orfeo e con il culto di Dioniso.

Il mito delle Eliconidi si interseca con quello di uno degli dei maggiori, Apollo, che con il suo divino sorriso arreca agli uomini il sollievo delle arti; quando Apollo salì al Parnaso, stabilì con le Muse un’assemblea e con esse, in groppa al cavallo alato Pegaso, si spostò in varie località della Grecia, conducendo una vita errante: di qui l’attributo di Musagéte ad Apollo, ovvero colui che conduce le Muse. Nell’arte le Muse sono sovente rappresentate come un coro di fanciulle che attornia Febo, e solo più tardi saranno effigiate singolarmente, ognuna caratterizzata dai propri attributi.

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Stralcio testo tratto dalla pagina: bo.astro.it  sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…