Commentarii de Bello Gallico, l’opera più famosa di Giulio Cesare. – Wikipedia, pubblico dominio

“Simili ratione ibi Vercingetorix, Celtilli filius, Arvernus, summae potentiae adulescens, cuius pater principatum Galliae totius obtinuerat et ob eam causam, quod regnum appetebat, ab civitate erat interfectus, convocatis suis clientibus facile incendit.”  (*)
(Cesare – De Bello Gallico, VII -IV)


Figlio del nobile Celtillo, fu re degli Arverni, uno dei principali e più potenti clan gallici.

Vercingetorige, fu senza dubbio tra i più grandi avversari di Roma. Fino al XIX secolo, gli storici lo ignoravano, facendo risalire le origini della Francia a storie mitologiche e considerando come primi abitanti i Franchi e come re Clodoveo. La sua figura “riemerse” nel 1828 con la pubblicazione “Histoire des Gaulois depuis les temps les plus reculés”di Amèdèe Thierry, in cui si celebrano non solo i Galli ma anche la figura del condottiero. Fu da questo momento che ci si interrogò per capire se “Vercingetorige” indicasse un nome proprio o volesse dire solamente “capo” in lingua Arverna.

Denaro di L. Hostilius Saserna. Argento, 3,82 gr. Di fronte: la testa del barbaro porta una coppia, presumibilmente Vercingetorige, dietro di lui uno scudo gallico. Roma, 48 a.C. – Wikipedia, pubblico dominio

Le fonti bibliografiche, piuttosto scarse, si apprendono principalmente da: Cassio Dione (Storia Romana, XI, 41), Strabone (Geografia, IV,2,3), Plutarco (Vita di Cesare, XXV- XXVII) e Floro (Epitome di Tito Livio I, 50).

Ma il profilo più dettagliato del condottiero lo troviamo in particolar modo nel libro VII de i Commentari del De Bello Gallico di Cesare, suo principale avversario. L’avventura di Cesare in Gallia era iniziata nel marzo del 58 a. C. quando, alla testa delle sue legioni e di contingenti galli suoi alleati, aveva iniziato l’assoggettamento dell’area. Vercingetorige, all’epoca poco più che ragazzo, fu dunque al fianco di Cesare per buona parte della guerra, probabilmente fin dall’ inizio, o con il ruolo di contubernales, (fu in questo periodo che Vercingetorige apprese le tecniche di guerra dei romani e l’ars retorica), o in qualità di capo del contingente Arverno, un reggimento di cavalleria che il proconsole aveva dovuto requisire in virtú di un trattato.

Nell’inverno del 53 a. C. alla fine della sesta campagna di Cesare, in assenza di quest’ultimo e tradita l’alleanza romana, Vercingetorige si impadronì con la forza del potere presso gli Arverni, ponendosi a capo di una coalizione anti-romana (Cassio Dione definì la rottura dell’accordo magni sceleris, “crimine immenso”).

Vercingetorige – Immagine dalla pagina 669 della rivista Die Gartenlaube, 1883. – Wikipedia, pubblico dominio

Scacciato da Gergovia, dall’oligarchia e dallo zio, perché si temeva che potesse tentare di ristabilire il regime dinastico come aveva fatto il padre Celtillio, il condottiero arruolò le sue truppe tra la gente povera e abbandonata delle campagne per ritornare in forze qualche giorno più tardi.

Nel corso di quell’anno, mostrò il suo reale talento militare e politico; con l’intento di respingere gli assalti romani, riuscì nell’impresa di riunire sotto un’unico vessillo la maggioranza dei popoli gallici e dei loro comandanti, essendo il primo ad appianare le divergenze dei clan a favore di un obbiettivo comune.

La sua strategia si indirizzò su due fronti: quello tattico e quello diplomatico.

Con il primo, una volta mobilitato il popolo e impostosi come re, organizzò la resistenza concependola come una guerra di disturbo utilizzando due tattiche: quella “della terra bruciata” (traditio romana) che consisteva nel bruciare villaggi e raccolti per privare i Romani degli approvvigionamenti; e l’altra detta dell’“ascesso da fissazione” (gergo militare francese) che consisteva nel concentrare intorno a una postazione amica il maggior numero possibile di uomini della parte avversa annientandoli successivamente con un’azione portata dall’esterno.

Oltre a ciò fece in modo di attirare le armate romane in Gallia e di intrappolarle; si sottrasse allo scontro diretto con le legioni, stancando le truppe nemiche e obbligandole a massicci spostamenti; si lanciò in azioni di guerriglia contro le retroguardie, e tagliò i rifornimenti.

Cercò di destabilizzare Cesare, attaccando la provincia (che in buona parte era rimasta fedele a Roma) Sul secondo fronte diede avvio ad una campagna diplomatica, utilizzando l’ars retorica appresa sotto la guida di Cesare, riuscendo così a stipulare numerose alleanze.

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I tre grandi assedi, o meglio le battaglie vittoriose

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Primo assedio – Avaricum (Bourges), marzo del 52 a.C.

Avaricum fu uno dei pochi oppidum che Vercingetorige decise di preservare. Vari sono i motivi legati a questa scelta; in primis quello tattico. “Il re supremo dei guerrieri” pensò di utilizzare la città come “specchietto per le allodole”, costringendo Cesare ad un assedio forzato per poi, (utilizzando truppe appostate nelle vicinanze), accerchiare gli stessi assedianti logorati dall’assedio della città. Vercingetorige però, non aveva ben considerato l’abilità strategica del console romano che fece costruire ai suoi soldati un terrapieno dirimpetto alle mura della città, considerata inespugnabile, nonostante le condizioni climatiche avverse. Dopo lunghe settimane, gli assediati cedettero, subendo numerose perdite e riuscendo a far fuggire solamente 800 dei 40.000 uomini. I restanti furono massacrati.

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Secondo assedio – Gergovia (Clermont- Ferrand), capitale del popolo degli Arverni, inverno del 52a.C.

Vercingetorige ebbe la meglio. Tra le cause della sconfitta di Cesare, due sono da ricordare: la prima è la rivolta da parte degli Edui, popolazione abitante il territorio vicino alla rocca di Gergovia; la seconda è l’avventatezza dimostrata dalla legione romana; infatti questa, inviata per annientare le difese nemiche, si nascose nella boscaglia; in un primo momento ottenne la vittoria, ma poi, non avendo obbedito al comando di ritirata, continuati ad inseguire i nemici in fuga, si trovò in seguito ricacciata nella piana sottostante, subendo gravissime perdite. Vercingetorige, per paura della superiorità militare di Cesare in quell’area, decise di arroccarsi a Gergovia, declinando di fatto la battaglia. Successivamente Cesare se ne andò sconfitto anche per sedare la rivolta, ormai certa, degli Edui.

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Terzo ed ultimo assedio – Alesia (all’interno della città Alise -Sainte-Reine, Côte-d’Or, in Borgogna), inverno del 52 a.C.

Nell’ultima importante battaglia che decretò la vittoria dei Romani, il condottiero gallo ripropose la stessa strategia utilizzata ad Avaricum. Arroccatosi ad Alesia, costrinse Cesare all’assedio per poi coglierlo di sorpresa con uomini dall’esterno. Il console, previdente, decise di far costruire delle trincee lunghe quasi 20 Km e delle fortificazioni lungo le stesse.

I Romani resistettero al primo attacco esterno, avvenuto durante la costruzione dell’accampamento, ricacciando e annientando la retroguardia galla. A niente valse il tentativo disperato di Vercingetorige di inviare i suo cavalieri per ottenere aiuto da chiunque fosse in grado di combattere, mentre Cesare decise di far costruire una controvallazione, (una fortificazione a protezione della prima), Vercingetorige anche a causa delle scarse provviste di cibo, fece uscire dalle mura, anziani, donne e bambini, per avere più cibo per i soldati, sperando nella clemenza di Cesare. Il console ordinò ai suoi di lasciarli morire. Dopo tre attacchi portati dalle truppe di sostegno chiamate dalla cavalleria e puntualmente ricacciate dalle fortificazioni romane, Vercingetorige, accettò la sconfitta e si consegnò al nemico..

Lionel-Noël Royer, 1899 – Vercingetorige getta le armi ai piedi di Cesare – Wikipedia, pubblico dominio

“Vercingetorige, indossata l’armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta della città di Alesia e, fatto un giro attorno a Cesare seduto, scese da cavallo, si spogliò delle armi che indossava e chinatosi ai piedi di Cesare, se ne stette immobile, fino a quando non fu consegnato alle guardie per essere custodito fino al Trionfo.”
(Plutarco, Vite Parallele, Cesare, 27, 9-10.)

Cesare portò Vercingetorige con sé a Roma come trofeo della sua lunga campagna militare in Gallia. Tenuto prigioniero nel carcere Mamertino, dopo aver ornato in catene il trionfo di Cesare, venne mandato a morte…

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Stralcio testo tratto da un articolo di   pubblicato nella pagina di umsoi.org sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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(*) Traduzione letterale: “Con simile metodo qui Vercingetorige, figlio di Celtillo, giovane arverno di grandissima potenza, il cui padre aveva tenuto il primato di tutta la Gallia e per tale motivo, perché aspirava al potere, era stato ucciso dalla nazione, convocati i clienti facilmente li incendia.”

 

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