articolo di  Cecilia Fiorentini.

Ci troviamo in India, durante il secondo secolo Avanti Cristo; secondo ciò che tramandano tradizione e mitologia, questa sarebbe l’epoca delle grandi guerre tra Dei e Demoni.
Queste vengono minuziosamente narrate e illustrate, per esempio, nel celebre poema epico e testo sacro Ramayana (tradotto: il cammino di Rama, incarnazione terrena del dio Visnu).

La battaglia di Lanka nel Ramayana in una miniatura di Sahibdin – Wikipedia, pubblico dominio

Ma non solo; testimonianze figurative e scritte di tali cronache, sono presenti anche su foglie di palma essiccate e incise, complessi monumentali ricchi di sculture, e ampi affreschi. Insieme alle esaustive descrizioni degli dei in lotta fra loro, vi è una minuziosa attenzione per i mezzi con cui essi si incontravano in battaglia.

Eccoci dunque all’incontro con l’importante protagonista di queste cronache fantastiche:

il “Vimana”

Vimana, in sanscrito, ha vari significati, a seconda del contesto e dell’epoca. Si ritiene che la sua traduzione più antica sia “oggetto che attraversa il cielo”. Nel Ramayana, si narra che persino Rama ne possedesse uno, chiamato Pushpaka Vimana. Con esso, l’eroe si spostava nei i cieli con impressionante velocità e facilità; si racconta di come Rama abbia viaggiato da una città all’altra, di quali tecniche abbia utilizzato per dare energia al suo Vimana e di come il suolo apparisse, visto in alta quota.

Presso alcuni importanti complessi scultorei, come ad esempio il tempio di Kailasa (760 d.C.), vicino Mumbai, possiamo osservare i Vimana rappresentati come carri con ruote infuocate, trainati in volo da quattro cavalli. In altri, invece, sono illustrati come edifici capaci di spostarsi tramite ruote o fiamme.

Nel corso del tempo, ci si domandò quindi se i Vimana fossero effettivamente carri capaci di volare, come veniva descritto nei testi sacri, o invece strutture imponenti con la possibilità di muoversi, come si può tutt’ora osservare in varie sculture. Furono numerosi i dibattiti tra scettici, convinti si trattasse puramente di oggetti fantastici e relegati alla mitologia, e fiduciosi, per i quali i Vimana rappresentavano un mistero affascinante e da risolvere.

La questione sembrava destinata a rimanere aperta e lacunosa, tuttavia, all’inizio del XX secolo, le due fazioni ebbero a disposizione un nuovo elemento con cui potersi confrontare, il quale riportò l’argomento sulle sponde di una possibile realtà.

Frontespizio della traduzione inglese di Vyamanika Shastra pubblicata nel 1973 – Wikipedia licenza Fair use

Un saggio hindu, Pandit Subbaraya Shastri, rivelò a un suo giovane discepolo di essere in possesso di importanti informazioni sulla vera natura dei Vimana, fornitegli attraverso la tecnica della scrittura automatica da uno spirito antico.

È così che si venne a conoscenza del Vimanika Shastra (Scienza dell’Aeronautica); Shastri, sotto dettatura (tra il 1918 e il 1923), fornì al giovane discepolo ogni sorta di nozione, dalla più generica alla più specifica, riguardo l’aspetto, le funzioni, gli strumenti e le specifiche tecniche delle macchine volanti. Era compreso un ‘manuale d’istruzioni’ per i piloti, con ben trentadue regole a cui doversi attenere per poter portare il mezzo.

Un’illustrazione dello Shakuna Vimana che dovrebbe volare come un uccello con le ali e la coda incernierate. – Wikipedia, pubblico dominio

Ecco le prime cinque:

  • Maantrika: “come prescritto nel Mantraadhikaara, invocando le Mantras di Chhinnamasta, Bhairavee, Vgine, Siddhaamba, si acquista il potere di ghutikaa, paadukaa, visibile e invisibile, ed altre Mantras con potenti erbe ed olii efficaci e Bhuvaneswaree Mantra, che conferisce poteri spirituali, per costruire aeroplani che non si rompono, non possono essere tagliati, non possono essere bruciati e non possono essere distrutti”.
  • Taantrika: “acquisendo Mahaamaaya, Shambara ed altri poteri tantrici si possono trasferire all’aeroplano”.
  • Kritaka: “studiando architetti come Vishwakarma, Chhayaaparusha, Manu, Maya ed altri (il pilota o lo specialista) imparerà a costruire aeroplani di vari modelli”.
  • Antaraala: “nel cielo, nelle regioni atmosferiche battute dal vento, nello scontro ai bordi di correnti potenti, l’aereo inavvertito ha probabilità di essere schiacciato e ridotto in pezzi. Ma essendo avvertito dell’avvicinarsi di tali punti pericolosi, l’aereo può essere arrestato e guidato con prudenza”.
  • Goodha: “come spiegato nel Vaayatstva-Parakarana, utilizzando i poteri Yaasaa, Viyaasaa Prayaasaa nell’ottavo strato atmosferico attorno alla terra, si attraggono i contenuti bui dei raggi solari e si possono usare per nascondere il Vimana ai nemici”.

In quello che sembrava un vero e proprio trattato di aeronautica mitologica, venivano illustrate anche le più sofisticate apparecchiature di bordo. Si faceva riferimento a specchi in grado di mostrare al pilota il perimetro di volo, ad un dispositivo in grado di mascherare le apparenze del velivolo, o ancora ad uno per catturare le energie e rigenerare il combustibile.

Appariva chiaro, insomma, che non potesse trattarsi di descrizioni facenti riferimento ai rudimentali aeroplani presenti nell’aviazione civile dell’epoca, bensì a mezzi ben più complessi e vicini ad un’odierna tecnologia.

Nel 1923, un ingegnere di Bangalore di nome T. Ellappa, seguendo minuziosamente le descrizioni di Shastri, disegnò tavole le quali illustravano i Vimana così come il saggio li aveva riportati.

Persino alcuni militari, a cui fu sottoposto il trattato e le tavole di Ellappa, dovettero ammettere di trovarsi dinnanzi a macchinari distanti dall’allora tecnologia e di natura avveniristica.

Crescendo, in tempi moderni, la fama del Vimanika Shastra, crebbe anche l’interesse a dimostrarne una possibile riproduzione.

Alcuni autorevoli docenti universitari indiani, tra cui il Professor H.S. Mukunda, si impegnarono duramente ad esaminare le istruzioni di Shastri, con l’intento di costruire un Vimana del tutto funzionante.

Questo non fu però possibile. La quantità di informazioni è, seppur impressionante, insufficiente per portare a termine una macchina in grado di funzionare completamente. Si concluse quindi affermando che il tutto fosse frutto di una notevole e vasta fantasia.

Il Pushpaka vimana che vola nel cielo. – Wikipedia, pubblico dominio

Ci fu chi, però, confermò invece l’attendibilità di alcuni passaggi volti alla costruzione di apparecchiature ausiliare all’aeromobile, chiamate ‘yantra’, e dei loro materiali. Un chimico di Mumbai, il Professor Sharom, attenendosi a un elenco di elementi che assemblati avrebbero dato luogo a uno dei tanti componenti descritti nel Vimanika Shastra, è realmente riuscito a sintetizzare due elettrodi e un liquido che formano il ‘chumbakmani’, una cellula fotovoltaica in grado di assorbire energia (si potrebbe quasi definire un’antenata degli odierni pannelli solari).

Sempre grazie all’analisi del testo del trattato, un esperto di chimica, il Dottor Prabhu, è stato in grado di sintetizzare ben cinque nuove leghe di metallo sconosciute, potendo così quindi realizzare un’apparecchiatura che, a detta di Shastri, avrebbe permesso al Vimana di modificare la propria traiettoria.

Gli esperimenti dei due esperti sono stati tuttavia aspramente criticati e etichettati come superficiali e sbrigativi. Tra mito e realtà, le controversie sono tante e fortemente dibattute. Vi è chi continua a sostenere si tratti soltanto della fantasia di un vecchio in cerca di notorietà, e chi concorre invece per l’ipotesi più fiduciosa, arrivando addirittura a definire il Vimanika Shastra risalente non al Ventesimo Secolo, ma ad un’epoca ben più remota.

Quale che sia la verità, rimaniamo stupiti e ammirati davanti a un’epica macchina volante, la quale è entrata a far parte della tradizione indiana e ne ha inevitabilmente plasmato l’immaginario…

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Stralcio testo tratto da un articolo di Cecilia Fiorentini. pubblicato nella pagina di vanillamagazine.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

 

 

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