IL LEONE E IL TOPO
Mentre un leone
dormiva in un bosco, topi di campagna
facevano baldoria. Uno di loro, senza
accorgersene, nel correre si buttò su quel
corpo sdraiato. Povero disgraziato! Il leone
con un rapido balzo lo afferrò, deciso a
sbranarlo.
Il topo supplicò
clemenza: in cambio della libertà, gli
sarebbe stato riconoscente per tutta la
vita.
Il re della foresta scoppiò a ridere e
lo lasciò andare.
Passarono pochi
giorni ed egli ebbe salva la vita proprio
per la riconoscenza del piccolo topo. Cadde,
infatti, nella trappola dei cacciatori e fu
legato al tronco di un albero. Il topo udì i
suoi ruggiti di lamento, accorse in suo
aiuto e, da esperto, si mise a rodere la
corda. Dopo averlo restituito alla libertà,
gli disse:
- Tempo fa hai riso
di me perché credevi di non poter ricevere
la ricompensa del bene che mi hai fatto. Ora
sai che anche noi, piccoli e deboli topi,
possiamo essere utili ai grandi.
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IL CERVO E LA VITE
Era una mattina di
primavera. Il sole brillava alto in un cielo
azzurro e limpido mentre un gruppo di
uccellini ciangottavano allegramente tra i
rami di un'alta quercia. Un bellissimo cervo
dal manto splendidamente fulvo, brucava
tranquillo l'erba di una vasta distesa
situata ai confini di una piccola fattoria.
Proprio quel giorno un grande orso e un
vecchio cane decisero di catturare un cervo
da tenere rinchiuso nel recinto del podere
per allietare i loro cuccioli. Cosi, vagando
tra i campi, videro quasi per caso l'animale
che pascolava sereno. Senza perdere tempo
gli corsero incontro per agguantarlo ma
fortunatamente egli, comprendendo al volo la
situazione, si lanciò in una corsa sfrenata
per sfuggire alle loro insidiose grinfie.
Poco distante cresceva, placidamente
accarezzata dai caldi raggi del sole che
dominava il cielo, una magnifica vite
selvatica ricolma di fronde e grappoli di
un'uva succosa e matura. Il cervo decise di
nascondersi all'ombra di quel folto intrico
di foglie, sicuro che nessuno sarebbe mai
riuscito ad individuarlo. Infatti, quando
l'orso e il cane passarono non furono in
grado di vederlo e andarono oltre.
Tranquillizzato per lo scampato pericolo,
l'animale tirò un sospiro di sollievo e,
allettato dal buon profumo che emanava la
vite, iniziò a mangiucchiare i suoi grappoli
d'uva e le sue gustose foglie. Fu proprio in
quel momento che il cane si accorse della
sua presenza: ascoltando con attenzione egli
aveva potuto distinguere quello strano
rumore e, tornando sui suoi passi riuscì a
scorgere il cervo che masticava la vigna
incurante del pericolo. Per la preda non vi
fu più scampo. I due cacciatori gli
balzarono addosso e lo catturarono senza
difficoltà trascinandolo fino alla loro
fattoria.
Da quel giorno in poi, il povero cervo fu
costretto a pascolare solo all'interno di un
recinto divenendo un'attrazione per i
cuccioli che lo ammiravano divertiti. E
tutto a causa della sua golosità.
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IL CORVO E LA VOLPE
Un corvo aveva
rubato un pezzo di carne ed era andato a
posarsi su di un albero. Lo vide la volpe e
le venne voglia di quella carne.
Si fermò à suoi
piedi e cominciò ad adularla, facendo grandi
lodi del suo corpo perfetto e della sua
bellezza, della lucentezza delle sue penne,
dicendo che nessuno era più adatto dì lui ad
essere il re degli uccelli, e che lo sarebbe
diventato senz'altro, se avesse avuto la
voce.
Il corvo, allora,
volendo mostrare che neanche la voce gli
mancava, si mise a gracchiare con tutte le
sue forze, e lasciò cadere la carne
La volpe si
precipitò ad afferrarla e beffeggiò il corvo
soggiungendo:
" Se, poi, caro il
mio corvo, tu avessi anche il cervello, non
ti mancherebbe altro, per diventare re ".
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IL CORVO MALATO
Tempo fa un cucciolo
di corvo assai vivace e irrequieto se ne
andava a zonzo tutto il giorno sbirciando in
faccende che non lo riguardavano. Ficcava il
becco in ogni cosa e non perdeva l'occasione
di fare scherzi o dispetti ad ogni animale.
Quel mattino però, la
sua monelleria lo spinse a compiere ciò che
non avrebbe mai dovuto fare. Si intrufolò
infatti in una piccola casa situata al
limitare del bosco e lesto, lesto rubò un
bel pezzo di carne sistemato sul davanzale
della finestra spalancata. Per sua sfortuna
il contadino fece in tempo ad accorgersi del
furto e, senza esitare, colpì il corvo con
una pietra.
Ecco fatto!
Il ladro
fu colpito in pieno. Quel pezzo di carne gli
costò caro!
Ferito e spaventato il
corvetto se ne tornò al nido volando piano
per il male, quindi si sdraiò sfinito tra le
braccia della sua cara mamma. Questa,
disperata per le condizioni del figliolo,
scoppiò in lacrime sfogando la propria
preoccupazione.
"Oh, mammina!" Disse
il cucciolo "Prega il Signore per me
affinché guarisca la mia ferita".
La cerva
colma di tristezza rispose: "Povero piccolo
mio, come puoi chiedere al Cielo un miracolo
se non ti sei nemmeno pentito del male
commesso?"
Solo in quel momento
il corvetto comprese la sua colpa e giurò a
se stesso di non rubare mai più in vita sua.
Fortunatamente la
ferita riportata durante la scorribanda alla
fattoria si rimarginò in fretta e il
cucciolo riacquistò le forze.
Quando fu
completamente guarito poté tornare a
svolazzare tra gli alberi ma, ricordandosi
della promessa fatta, da quel giorno non
toccò più ciò che non gli apparteneva.
Aveva
imparato a sue spese il significato della
parola "furto".
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IL
GRANCHIO E LA VOLPE
Quel giorno un
paffuto granchio arancione, era proprio di
ottimo umore. Se ne andava passeggiando
allegramente per la spiaggia riscaldata dal
sole, canticchiando la sua canzoncina
preferita, una vecchia serenata imparata
chissà dove. Egli si vantava spesso con gli
altri abitanti del mare, della sua capacità
di poter vivere tranquillamente sia dentro
che fuori dall'acqua. E quelli, senza
nascondere un pizzico d'invidia, lo
osservavano camminare tranquillamente sulla
terraferma. Ogni volta però, il buon
granchio riportava ai suoi amici pesci un
grazioso ricordino delle sue escursioni. Ma
quel mattino egli non ne voleva proprio
sapere di rientrare in acqua. Il cielo era
tanto limpido e sereno da attirare
l'ammirazione anche dei più indifferenti.
Per questo il granchietto continuò la sua
lunga passeggiata.
Nello stesso giorno,
una giovane volpe insoddisfatta per la
scarsità del suo pranzo quotidiano, si
aggirava affamata per la spiaggia in cerca
di qualcosa da mettere sotto i denti.
Camminava molto arrabbiata con se stessa per
l'incapacità dimostrata a procurarsi del
cibo quando vide, quasi per caso, l'ignaro
granchio fermo sulla sabbia a contemplare il
paesaggio.
La volpe gli si
avvicinò curiosa e con un balzo gli piombò
proprio davanti. Il povero granchio si prese
uno di quegli spaventi memorabili che
rimangono bene impressi nei nostri ricordi
per tuffa la vita e, cercando di
indietreggiare si riparò con le zampine.
La volpe era decisa e
pronta a mangiarselo in un sol boccone pur
non sapendo bene di che animale si
trattasse. Fortunatamente il granchio,
riavutosi dalla paura, riuscì a respingere
il suo nemico sfoderandogli le sue terribili
tenaglie e pungendogli il muso.
Dopo la fuga della
volpe sconfitta, il granchio si tuffò in
acqua e andò a raccontare la sua brutta
avventura agli amici spiegando quanto fosse
più sicuro vivere nel mare!
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IL LEONE E IL
CINGHIALE
D'estate, quando il calore provoca la sete, un
leone e un cinghiale andarono a bere a una
piccola fonte, e cominciarono a litigare su
chi dei due dovesse dissetarsi per primo. La
lite si inasprì fino a trasformarsi in
duello mortale. Ma ecco che, mentre si
volgevano un momento per riprendere fiato,
scorsero degli avvoltoi che stavano lì ad
aspettare il primo che sarebbe caduto, per
mangiarselo. A tal vista, ponendo fine al
duello, dichiararono:
" Meglio diventare
amici che diventar pascolo di avvoltoi e di
corvi ".
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IL LEONE E IL TORO
Un leone da lungo tempo meditava di uccidere
un forte toro. Un giorno decise di riuscire
nel suo intento con l'astuzia.
Gli fece sapere di
aver catturato un montone e lo invitò al
banchetto. Aveva preparato tutto per
assalirlo, una volta seduto a tavola il toro
andò all'appuntamento: vide molte pentole,
lunghi spiedi, ma di montone nessuna
traccia.
Allora, senza dire
neanche una parola, se ne andò.
Il leone lo
richiamò e gli chiese il motivo del suo
comportamento, visto che non gli era stato
fatto nessun affronto.
E il toro rispose:
-
Ho una buona ragione per andarmene: vedo
tutto pronto per cucinare non un montone, ma
un toro
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IL LEONE E
L'ASINO
Un asinello un po'
troppo vanesio, si vantava sempre con gli
altri animali, del proprio coraggio e della
propria forza. Un giorno ricevette una
inaspettata proposta dal più importante
felino della foresta: il leone.
Costui disse
all'asino: "Ho pensato che, in fondo,
potremmo esserci di reciproco aiuto. Vorrei
che tu mi aiutassi nelle battute di caccia e
per questo avrei deciso di costituire una
società con te"
Onoratissimo,
l'asinello rispose: "Sono lusingato della
tua richiesta e accetto volentieri!"
Così ebbe inizio la
loro collaborazione reciproca.
Una mattina, di buon
ora, si incamminarono verso una caverna dove
avevano visto rifugiarsi un numeroso gruppo
di capre selvatiche. Il Re degli animali si
fermò sulla soglia con l'intenzione di
catturare le prede una per volta appena
sarebbero uscite dal rifugio. L'asino,
invece, si era intrufolato nella grotta ed
aveva cominciato a lanciare ragli acutissimi
per spaventare le povere bestiole causando
un incredibile putiferio. Le capre
terrorizzate ruzzolarono una sull'altra e si
precipitarono verso l'uscita dove però,
trovarono ad attenderle l'astuto leone che
riuscì ad imprigionarle tutte.
Quindi, finalmente
l'asino uscì dalla grotta e, con aria
trionfate esclamò:
"Hai visto come sono
stato bravo? Sono un grande cacciatore!
Sarai contento del tuo socio!"
"Certo!" Rispose con
una risata il leone "Anzi, a dirti la
verità, avrei avuto anch'io paura di te se
non ti conoscessi bene e non sapessi che sei
solo un asinello!"
Tutto soddisfatto
l'asino andò buono, buono a brucare un po'
d'erba mentre il leone si apprestava a fare
un succulento banchetto!
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Il
LEONE, LA VOLPE E IL CERVO
Il leone, Re della
foresta, era gravemente ammalato. Data la
sua avanzata età egli non aveva più le forze
per uscire dalla sua caverna e procurarsi il
cibo necessario per la guarigione. Per
questo fu costretto a ricorrere all'aiuto di
una volpe da sempre sua grande amica.
Chiamandola al
proprio capezzale, il leone le disse: "Mia
cara compagna, esiste una sola medicina per
il mio male. Si tratta di un brodo fatto con
le corna di un cervo. Devi procurarmelo
subito!"
Commossa per quella
richiesta, la volpe si mise subito all'opera
e, scovato l'animale tanto desiderato dal
grande malato, cercò, con un inganno, di
convincerlo a seguirlo, dicendogli: " Mi
manda il leone con l'incarico di portarti da
lui prima che tiri l'ultimo respiro. Andando
per eliminazione ha deciso che tu sei il più
adatto fra tutti gli animali per essere il
suo successore al trono dopo la sua morte!"
Il cervo, lusingato
da questa insperata proposta, accettò subito
e seguì la volpe fino alla caverna del
leone, ma non fece neppure in tempo a
varcare la soglia che si senti aggredire dal
feroce animale. Fortunatamente riuscì a
divincolarsi e a fuggire.
Il leone, deluso e
arrabbiatissimo, scongiurò ancora la sua
amica di ritentare la prova usando la sua
proverbiale furbizia. Questa, dopo lunghe
ricerche, riuscì a trovare il cervo nel suo
nascondiglio, ma, appena si presentò davanti
a lui, dovette sentirsi le sue irate
proteste.
"Ascoltami," si
scusò la volpe " ti sei spaventato per
niente. Il morente voleva solo darti la sua
benedizione. Torna da lui prima che cambi
idea!"
Il cervo, anche
questa volta, affascinato dall'idea di
diventare Re, si ripresentò al leone. Ma
questi, afferratolo, gli rubò le sue
bellissime corna per farvi un bel brodo
caldo, lasciandolo poi libero di scappare.
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IL
LEONE, L'ORSO E LA VOLPE
Quella mattina un
grande orso bruno, era proprio affamato.
Vagava con la lingua di fuori per la foresta
in cerca di un po' di cibo quando
all'improvviso vide, nascosto tra i
cespugli, un bel cesto ricolmo di provviste
abbandonato sicuramente da qualche
cacciatore. Fuori di sé dalla gioia si tuffò
su quell'insperato tesoro culinario ma,
proprio nello stesso momento ebbe la
medesima idea anche un grosso leone che non
mangiava da alcuni giorni. I due si
trovarono faccia a faccia e si studiarono
con espressione rabbiosa.
'Questo cesto
appartiene a me!" Urlò l'orso.
"Bugiardo!" Ruggì il
leone infuriato.
In men che non si dica
esplose una lotta terribile tra i
contendenti i quali si azzuffarono
insultandosi senza riserva. Intanto, poco
distante, una giovane volpe passeggiava
tranquilla per il bosco occupandosi delle
proprie faccende. All'improvviso venne
attirata da insolite urla e si avvicinò al
luogo di provenienza per scoprire di cosa si
trattasse.
Appena vide i due
animali impegnatissimi a lottare come matti
ed il cesto di cibo abbandonato vicino a
loro, le balenò un'idea. Quatta, quatta si
avvicinò al paniere, lo afferrò e fuggi via
andando a mangiare in pace in un luogo
sicuro.
Quando, sia il leone
che l'orso, sfiniti per l'estenuante baruffa
sostenuta, decisero di spartirsi le
provviste dovettero fare i conti con
un'amara sorpresa. Il cesto era sparito e al
suo posto trovarono unicamente le impronte
di una volpe, sicuramente molto furba!
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IL LUPO E IL PASTORE
Un lupo andava al
seguito di un gregge di pecore, senza far
loro alcun male. Il pastore, sulle prime, lo
teneva a bada come un nemico, e lo
sorvegliava con estrema diffidenza. Ma
quello ostinatamente lo seguiva, senza
arrischiare il minimo tentativo di rapina.
Così gradatamente il pastore si convinse di
avere in lui un custode, piuttosto che un
nemico intenzionato a danneggiarlo. Un
giorno ebbe bisogno di recarsi in città, gli
lasciò le pecore in custodia e partì
tranquillo. Ma il lupo seppe cogliere
l'occasione: si lanciò sul gregge e ne fece
strage sbranandone una gran parte. Il
pastore, quando fu di ritorno e vide la
rovina del suo gregge, esclamò: - Mi sta
bene! Quale stupidità mi ha spinto ad
affidare le pecore ad un lupo?
Allo stesso modo,
coloro che affidano i propri beni a persone
avide naturalmente li perdono.
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IL LUPO
SAZIO E LA PECORA
Quello era davvero
un gran giorno per un lupo rinomato in tutto
il contado per la sua insaziabile fame.
Infatti, senza neppure alzare un dito egli
era riuscito a procurarsi ottime prede
trovate casualmente a terra perché colpite
da qualche cacciatore e si era preparato un
pranzo degno di Re! Il lupo, dopo avere
abbondantemente mangiato, si inoltrò nella
foresta per fare due passi. Fu così che
incontrò una mansueta pecorella la quale,
terrorizzata dal temibile animale
notoriamente suo nemico, non riuscì neppure
a muoversi, paralizzata dallo spavento. Il
lupo, più per istinto che per altre ragioni,
afferrò la preda tenendola stretta, stretta.
Ma solo dopo averla catturata si rese conto
di essere talmente sazio da non avere più
alcun appetito. Occorreva trovare una valida
giustificazione per poter liberare quella
pecora senza fare brutta figura.
" Ho deciso" Disse
quindi il lupo "di lasciarti andare a
condizione che tu sappia espormi tre
desideri con intelligenza.
La pecorella
sconcertata, dopo aver pensato un istante
rispose: "Bè, anzitutto avrei voluto non
averti mai incontrato. Seconda cosa, se
proprio ciò doveva avvenire, avrei voluto
trovarti cieco. Ma visto che nessuno di
questi due desideri è stato esaudito, adesso
vorrei che tu e tutta la tua razza siate
maledetti e facciate una brutta fine perché
mi avete reso la vita impossibile e avete
mangiato centinaia di mie compagne che non
vi avevano fatto alcun male!"
Inaspettatamente il
lupo, invece di adirarsi come prevedibile,
dichiarò:
"Apprezzo la tua
sincerità. Hai avuto molto coraggio a dirmi
ciò che realmente pensavi per questo ti
lascerò libera!" Così dicendo
liberò la pecorella e, con un cenno di
saluto, la invitò ad allontanarsi.
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IL
NIBBIO CHE VOLEVA NITRIRE
Il nibbio, durante il primo periodo
della sua esistenza, aveva posseduto una
voce, certo non bella, ma comunque acuta e
decisa. Egli, però, era sempre stato nutrito
da una incontenibile invidia di tutto e di
tutti. Sapeva di essere imparentato con
l'aquila, ma questo, invece di costituire un
vanto, non faceva altro che alimentare la
sua gelosia: capiva di essere inferiore e si
rodeva dalla rabbia per questo. Invidiava
gli uccelli variopinti come il pappagallo e
il pavone, lodati e vezzeggiati da tutti.
Inoltre, si mostrava sprezzante nei riguardi
dell'usignolo, dicendo tra sé: "Sì, ha una
bella vocetta ma é troppo delicata e
romantica! Roba da donnicciole! Se devo
cercare di migliorare la mia voce certamente
non prenderò come esempio questo stupido
uccello. Io voglio una voce forte, che si
imponga sulle altre!"
Era un bel giorno
di primavera. Il nibbio se ne stava
tranquillamente appollaiato sopra un ramo di
faggio, riparato dalle fresche fronde della
pianta. Inaspettato, giunse un cavallo
accaldato che, cercando un po' di
refrigerio, andò a riposarsi all'ombra
dell'albero. Sdraiandosi con l'intenzione di
fare un sonnellino, l'equino,
inavvertitamente si punse con un cardo
spinoso e, dal dolore, lanciò un lungo e
acutissimo nitrito.
"Oh, che
meraviglia!" Esclamò il nibbio con
entusiasmo. Questa é la voce che andrebbe
bene per me: acuta, imponente e
inconfondibile!"
Il nibbio cominciò
da quel mattino, ad esercitarsi
nell'imitazione di quel verso meraviglioso.
Provò e riprovò scorticandosi la gola, ma
inutilmente. Quando, dopo molti tentativi
senza successo, si rassegnò a tornare alla
sua voce originale, ebbe una brutta
sorpresa: gli era sparita a furia di
sforzarla! Cosi dovette accontentarsi di
emettere un suono insignificante e rauco per
tutta la vita!
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IL NIBBIO
E IL SERPENTE
Un giovane
serpentello se ne andava tranquillo
strisciando fra una pietra e l'altra,
godendosi i caldi raggi del primo sole
primaverile. L'aria era tiepida e carica di
un buon profumo di fiori e ogni animale si
sentiva rasserenato da quel clima dolce. Il
piccolo serpente si muoveva piano nel prato
quando all'improvviso una spaventosa ombra
si proiettò sul suo cammino. L'animale
preoccupato alzò il testino per guardare da
dove provenisse la macchia scura e solo
allora scopri che un terribile nibbio stava
puntando dritto dritto su di lui!
Il poverino non
ebbe nemmeno il tempo di scappare perché in
un lampo il volatile gli piombò addosso
afferrandolo con il becco. Il serpente fu,
così, sol levato in cielo da quel rapace
che, senza avere pietà per le sue grida volò
via il più velocemente possibile.
"Lasciami andare!"
Implorava lo sfortunato animaletto "Non ti
ho fatto niente!" Ma il nibbio non l'ascoltò
neppure.
A quel punto il
serpentello si rivoltò su se stesso e con
un'abile mossa diede un morso al suo nemico.
Finalmente il volatile colpito dal veleno
della sua preda fu costretto ad aprire il
becco liberando il serpente che cadde a
terra senza farsi male Il nibbio invece, con
la vista annebbiata e senza più forze a
causa del morso velenoso, precipitò sul
terreno a peso morto riportando parecchie
ferite. Quando il volatile era ancora
stordito, il serpentello gli si avvicinò e
gli disse: "Ben ti sta! Io non volevo farti
del male ma tu mi ci hai costretto e adesso
ne paghi le conseguenze!"
Trascorsero due
giorni interi prima che il nibbio potesse
riprendere a volare ma, a partire da quella
volta egli si tenne sempre ad una certa
distanza da tutti i serpenti!
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IL PIPISTRELLO, IL ROVO
E
IL GABBIANO
Molto tempo fa, un pipistrello, un rovo
e un gabbiano si riunirono in un isolotto
per formare una strana società commerciale
fondata sulla vendita di stoffe e di rame.
Il rovo possedeva una buona quantità di
lana, seta e cotone procurate grazie al duro
lavoro dei suoi antenati. Egli aveva
conservato i suo averi nell'attesa di una
buona occasione per poterli rivendere. Il
pipistrello, essendo il più abile dei tre
negli affari, si prodigò per procurare il
denaro necessario per l'acquisto di una
buona imbarcazione sulla quale trasportare
i. materiale fino al continente. Per
riuscirvi fece parecchi debiti con degli
strozzini ai quali avrebbe dovuto restituire
il doppio dei soldi prestati. Comunque, con
il discreto gruzzoletto che ebbe a
disposizione egli comprò una piccola barca a
remi.
Il gabbiano invece aveva adocchiato un buon
quantitativo di rame abbandonato da qualche
mercante. Munitosi di pazienza recuperò
tutto quel tesoro che sarebbe servito per la
loro società.
Giunse infine il gran giorno. I tre avevano
caricato ogni cosa sulla barchette ed erano
ormai pronti per partire. "Speriamo che
questa barca sia abbastanza robusta!" Disse
il gabbiano preoccupato. "Se il tempo si
manterrà calmo andrà tutto benissimo".
Rispose il pipistrello.
Finalmente gli amici si imbarcarono e
partirono. Ma durante la sera, un terribile
temporale fece ribollire le acque del mare
le cui onde gigantesche inghiottirono senza
pietà la piccola barca. I tre compagni
fortunatamente si salvarono perdendo però
ogni cosa. Da quel giorno il pipistrello
incapace di ripagare i debiti uscì solo di
notte per evitare di incontrare gli
strozzini che volevano indietro il loro
denaro; il gabbiano imparò a rimanere
appollaiato sopra scogli marini nella
speranza che le acque gli restituissero il
suo rame; infine, il rovo aguzzò le sue
spine strappando i vestiti dei passanti
nell'attesa di ricostruire, con i brandelli
procurati, il suo prezioso patrimonio di
stoffe ormai perdute.
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IL TOPO E
LA RANOCCHIA
Un dolcissimo topolino di campagna, col
musetto simpatico e due occhioni scuri,
vagando tutto solo per i campi, incontrò un
bel giorno una buffa sgraziata ranocchia.
Osservandosi al principio dubbiosi, i due
fecero ben presto amicizia.
"Sai, mi
piacerebbe sapere come ti procuri il cibo!"
Chiese quella. " Oh, bè," borbottò il
topolino con la testa bassa "non é che io
sia un gran campione... anzi, faccio enorme
fatica a trovare qualcosa da mettere sotto i
denti"
"Ehi!" Gridò la
rana "che ne diresti se andassimo insieme a
caccia di cibarie? In due di sicuro avremmo
più fortuna! Potremmo legarci con una catena
l'un all'altro così da essere sicuri di non
perderci!"
Il topolino rimase un istante a
riflettere, quindi disse:
"Mi sembra una
buona idea!" E così fecero.
Legati insieme i
due si diedero da fare per cercare del cibo
e bisogna dire che ne trovarono proprio
tanto! Quando, alla fine della giornata
furono veramente sazi, si in camminarono
verso casa. Ancora incatenati, giunsero allo
stagno della ranocchia e questa, senza
pensarci due volte, si tuffò decisa
nell'acqua trascinandosi dietro il povero
topino che, non sapendo nuotare si mise a
urlare e cominciò a dibattersi per non
annegare.
Un nibbio,
osservando dal cielo tutto quel trambusto e
vedendo il povero topo ormai privo di sensi
pensò di aver trovato un buon bocconcino. Si
precipitò allora sullo stagno e afferrò con
gli artigli il corpo del topino al quale era
legata anche la ranocchia. Risvegliato dalle
grida della rana, il topolino iniziò, coi
suoi dentini aguzzi, a morsicare le zampe
del volatile il quale aprì gli artigli per
il male e li lasciò ricadere.
I due toccarono il
suolo senza farsi male ma decisero subito di
togliersi quella catena che gli aveva
procurato tanti guai!
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LA CORNACCHIA E LA
BROCCA
Una cornacchia,
mezza morta di sete, trovò una brocca che
una volta era stata piena d'acqua.
Ma quando
infilò il becco nella brocca si accorse che
vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul
fondo.
Provò e riprovò, ma inutilmente, e
alla fine fu presa da disperazione.
Le venne un'idea e,
preso un sasso, lo gettò nella brocca.
Poi prese un altro
sasso e lo gettò nella brocca.
Ne prese un altro e
gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e
gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e
gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e
gettò anche questo nella brocca.
Piano piano vide
l'acqua salire verso di sé, e dopo aver
gettati altri sassi riuscì a bere e a
salvare la sua vita.
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LA FORTUNA DEL CAVALLO
Un giorno un
cavallo, ricco d'ornamenti, venne incontro a
un asino che, stanco e carico com'era, tardò
a dargli la via.
"Avrei una gran
voglia - disse - di fracassarti a calci ".
L'asino non
rispose: e con un gemito chiamò testimoni
gli dei. Passò qualche tempo.
Il cavallo durante
una corsa, azzoppò e fu mandato a servire in
campagna.
Appena l'asino lo vide tutto
carico di letame: "Ricordi - domandò - che
boria e che pompa? Ah? E che n'hai avuto?
Eccoti ridotto alla miseria che prima
spregiavi ".
I felici che
disprezzano l'umile, sanno essi quale sarà
il proprio domani?
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LA LEPRE E LA
TARTARUGA
La
lepre un giorno si vantava con gli altri
animali:
- Nessuno
può battermi in velocità - diceva - Sfido
chiunque a correre come me.-
La
tartaruga, con la sua solita calma, disse:
-
Accetto la sfida. -
-
Questa è buona! - esclamò la lepre; e
scoppiò a ridere.
- Non
vantarti prima di aver vinto replicò la
tartaruga.
- Vuoi fare questa gara? -
Così fu
stabilito un percorso e dato il via. La
lepre partì come un fulmine: quasi non si
vedeva più, tanto era già lontana. Poi si
fermò, e per mostrare il suo disprezzo verso
la tartaruga si sdraiò a fare un sonnellino.
La
tartaruga intanto camminava con fatica, un
passo dopo l'altro, e quando la lepre si
svegliò, la vide vicina al traguardo. Allora
si mise a correre con tutte le sue forze, ma
ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La
tartaruga sorridendo disse: " Chi va piano
va sano e va lontano "
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