Juan Rodríguez Juárez – La Vergine del Carmelo con Santa Teresa e San Giovanni della Croce – Google Art Project – Wikipedia, pubblico dominio

Teresa di Gesù nacque il 28 marzo 1515 ad Avila. Il suo nome di famiglia era Cepedo de Ahumada. Sua madre morì quando lei aveva 14 anni e suo padre la mandò in un Istituto di suore agostiniane che la educarono. Dopo la sua entrata tra le suore carmelitane nell’anno 1536, visse un brutto periodo di malattia e di lotte interne.
Nell’anno 1557 decise fermamente di eliminare dalla sua vita tutto ciò che le impediva di seguire totalmente il Signore. Iniziò quindi la sua vita di profonda preghiera interiore e da quel tempo cominciò a desiderare di tornare alla Regola originale, con una vita semplice e fraterna di piena clausura.

Ritratto di Giovanni della Croce – Wikipedia, pubblico dominio

Dopo la fondazione di San Giuseppe, il primo monastero di Carmelitane riformate, nell’anno 1562 ad Avila, ella continuò a fondare altri monasteri di questo tipo, poveri e raccolti. Dopo il suo incontro con san Giovanni della Croce iniziò a porre le basi anche per la fondazione di monasteri maschili riformati.

I suoi scritti sono diventati una scuola di una profonda preghiera per tutta la Chiesa. Morì ad Alba de Tormes il 4 ottobre 1582. A causa della riforma gregoriana del calendario, la sua festa liturgica venne spostata al 15 ottobre. Nell’anno 1622 venne canonizzata e nell’anno 1970 fu proclamata – prima donna della storia – dottore della Chiesa, insieme con santa Caterina da Siena.

La mistica teresiana è marcata da un senso profondo per le realtà della vita spirituale e dal rapporto personale ed amichevole (e sponsale) con Cristo.
Nel 1562-1565 la Santa scrisse la prima opera a carattere autobiografico, il Libro della sua vita o Libro delle misericordie di Dio (Libro de su vida o Libro de las misericordias de dios). Tra le altre sue opere dottrinali è Il cammino di perfezione e il Libro delle sette stanze o Castello interiore (Libro de las siete moradas o Castillo interior, 1576-1577), una delle opere più alte della mistica spagnola: vi descrive il progresso dell’anima attraverso le sette stanze di un castello. All’esterno sono le tenebre più fitte, mentre all’interno l’itinerario dell’anima è inondato di luce sempre più sfolgorante. Nella settima stanza si compie il matrimonio spirituale e l’anima diventa una cosa sola con Dio.

Dipinto di Padre Juan de la Miseria: Teresa d’Avila, nel Convento dei Carmelitani di Siviglia – Wikipedia, pubblico dominio

Notevole il libro Fondazioni (Libro de las Fundaciones, 1582) in cui Teresa narra con arguzia e partecipazione le vicende delle fondazioni dei suoi monasteri: è il libro più gradevole e stilisticamente controllato. Da segnalare anche circa 400 lettere, raccolte in gran parte nell’Epistolario, alcune Poesie (Poesias), Spirituali esclamazioni dell’anima a Dio. Ad eccezione delle poesie, quasi tutte le opere di Teresa furono scritte su richiesta dei confessori e direttori spirituali, o per l’insegnamento alle monache.

 

Gianlorenzo Bernini – L’Estasi di Santa Teresa. Transetto occidentale di Santa Maria della Vittoria (XVII secolo) Roma. – Wikipedia, pubblico dominio

 

Alcune frasi tratte dalle “Opere” di santa Teresa d’Avila

 

“Nulla ti turbi, nulla ti sgomenti Tutto passa, Dio non muta
La pazienza tutto vince A chi ha Dio, nulla manca Dio solo basta”

“Ricordate ciò che ha detto sant’Agostino? Dopo aver cercato Dio in molti luoghi, lo trovò finalmente in se stesso. Ora, per un’anima che desidera conoscere il Padre celeste, pensate sia necessario arrivare fino al cielo o alzare la voce per farsi sentire? Anche se l’anima sussurra, Dio le è vicino e l’ascolta sempre. E per trovarlo non ha bisogno di ali, perché è sufficiente che si ritiri in solitudine e lo contempli in se stessa”.

“Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima Umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l’esperienza, e me l’ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. E’ da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. Egli ci istruirà. Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Ho considerato e ho appreso che alcuni santi molto contemplativi, come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci nelle mani di Dio. Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell’amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell’accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: amore infatti domanda amore. Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica”.  

“Un giardino si può annaffiare in quattro modi: o con l’attingere acqua da un pozzo, il che comporta per noi una gran fatica; o con una noria e tubi, tirandola fuori mediante una ruota, il che è di minor fatica del primo e fa estrarre più acqua; oppure derivandola da un fiume o da un ruscello: con questo sistema si irriga molto meglio, perché la terra resta più impregnata d’acqua, non occorre innaffiarla tanto spesso e il giardiniere ha molto meno da faticare; oppure a causa di un’abbondante pioggia, in cui è il Signore ad annaffiarla senza alcuna nostra fatica. Quest’esempio potrà chiarire qualcosa riguardo ai quattro gradi di orazione: coloro che cominciano a fare orazione sono coloro che attingono l’acqua dal pozzo, con grande stento, dovendo affaticarsi a raccogliere i sensi, il che, essendo questi abituati a divagare, costa grande fatica. Quando l’anima comincia a raccogliersi, il Signore concede all’anima di sentire dolcezze particolari, l’acqua è più vicina perché la grazia si manifesta all’anima più chiaramente…è l’orazione di quiete. Nel terzo grado di orazione il Signore vuole aiutare il giardiniere in modo tale da prenderne quasi il posto e far tutto lui. È come un sonno delle potenze dell’anima: esse non si perdono del tutto, ma non capiscono in che modo operino… La quarta acqua è l’orazione di unione, che è il dono sublime dell’acqua viva. Significa comunicazione di amore e intima unione con lo Sposo divino…”

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: digilander.libero.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…