Sant’Alessio – Wikipedia, pubblico dominio

Alessio, venerato come confessore, era figlio del senatore romano Eufemiano e di sua moglie Aglae.
Durante la prima notte di nozze, lasciò improvvisamente la casa paterna, rinunciando al matrimonio e mantenendo illibata la sposa. Iniziò così un lungo pellegrinaggio che lo portò lontano da Roma. Dopo anni di vita errante e ascetica, fece ritorno nella città natale, dove visse per altri diciassette anni sotto mentite spoglie, ospite nella stessa casa dei genitori che, ignari della sua identità, lo accolsero come un mendicante.
La sua vera identità fu rivelata solo dopo la morte, grazie a una voce udita nelle chiese di Roma e a uno scritto che egli stesso lasciò. Le sue spoglie vennero traslate nella chiesa di San Bonifacio durante il pontificato di Papa Innocenzo I e furono al centro di numerosi miracoli. La testa di Alessio è oggi conservata in una teca d’argento a mezzo busto. Nel XVI secolo, le sue reliquie furono utilizzate per consacrare l’altare del celebre tempietto del Bramante a San Pietro in Montorio.

La vita di San Alessio è nota attraverso tre versioni leggendarie: siriaca, greca e latina. Questi racconti trasformano la figura storica di un umile asceta del V secolo in un protagonista di storie fiorite e toccanti, che ispirarono opere teatrali e poetiche sia in Oriente che in Occidente.

Alessio, un uomo di Dio – Wikipedia, pubblico dominio

La più antica versione, di origine siriaca, narra di un giovane ricco di Costantinopoli che, la sera delle nozze, fuggì segretamente imbarcandosi per l’Oriente. Arrivò a Edessa (oggi in Siria), importante centro del cristianesimo tra il IV e il V secolo, dove visse tra i mendicanti chiedendo l’elemosina all’ingresso di una chiesa. Quel poco che riceveva, lo donava a sua volta ai poveri, e per il suo stile di vita ascetico fu chiamato “Mar-Riscia”, cioè “uomo di Dio”.
Anche quando gli emissari del padre arrivarono a Edessa per cercarlo, non lo riconobbero in quel mendicante lacero e smunto.
Trascorsi diciassette anni, sentendo avvicinarsi la morte, Alessio confidò la sua identità al sacrestano della chiesa. Il giorno seguente, fu trovato morto sul sagrato. Quando il vescovo Rabula si recò al cimitero per esumarlo, non trovò che le sue povere vesti: il corpo era scomparso.
 

Nel IX secolo si diffuse una versione greca, o bizantina, della storia. In essa il giovane ricevette finalmente un nome: Aléxios, dal greco “difensore”. La scena si spostò a Roma, e la sua morte fu datata al 17 luglio, durante il regno degli imperatori Arcadio e Onorio (395–408). In questa versione, un’icona della Vergine nella chiesa di Edessa, oggi secondo la tradizione venerata nella chiesa romana di Sant’Alessio all’Aventino, ordinò che quel mendicante fosse fatto entrare nel tempio e onorato come santo.

Sant’Alessio, chiesa dell’Assunzione del monastero Nikolo-Ugreshsky. – Wikipedia, pubblico dominio

Alessio, desideroso di restare anonimo, fuggì imbarcandosi per Tarso, ma i venti lo riportarono miracolosamente a Ostia. Interpretando ciò come volontà divina, si rifugiò in casa dei genitori a Roma, chiedendo ospitalità come straniero povero. Eufemiano, ancora addolorato per la scomparsa del figlio, lo accolse senza riconoscerlo.
Alessio visse lì per altri diciassette anni, sopportando umiliazioni e scherni dei servi, dormendo sotto una scala.
Quando sentì la fine vicina, scrisse un rotolo con il racconto della sua vita. Alla sua morte, le campane di Roma suonarono da sole e una voce celeste disse: “Cercate l’uomo di Dio, perché preghi per Roma.” Il rotolo fu ritrovato nella sua mano, e solo gli imperatori riuscirono a leggerlo.

La versione latina, che cominciò a circolare nel X secolo, si diffuse prima in Spagna e poi a Roma, dove fu ripresa e rielaborata da una comunità monastica greco-latina fondata sull’Aventino da Sergio, arcivescovo metropolita di Damasco in fuga dai Saraceni.
I greci seguivano la Regola di San Basilio, i latini quella di San Benedetto.

Questa comunità produsse una nuova versione della leggenda, che sarebbe diventata quella dominante in Occidente, tanto da essere inclusa nella celebre “Legenda Aurea” di Jacopo da Varagine. Tra le varianti introdotte: la chiesa dove Alessio doveva sposarsi divenne anche il luogo della sua sepoltura; la sposa illibata prese il nome di Adriatica; il rotolo fu consegnato non dagli imperatori ma direttamente dal papa, alla presenza dei genitori straziati che finalmente riconobbero il figlio.
Questa versione ispirò canti popolari e racconti tramandati oralmente per secoli.

Nel 1217, Papa Onorio III dedicò la chiesa di San Bonifacio anche a Sant’Alessio. Dell’edificio originario resta ben poco, ma nella basilica attuale, di epoca barocca, si trova ancora la Cappella di Sant’Alessio, che custodisce un frammento della scala sotto cui dormiva il santo. Sopra il frammento si erge una suggestiva statua in marmo di Alessio sul letto di morte, vestito da pellegrino di Santiago, scolpita da Antonio Bergondi, seguace del Bernini.

Un’importante testimonianza artistica della sua vita è anche il ciclo di affreschi dell’XI secolo nella chiesa inferiore di San Clemente a Roma, dove Alessio è già raffigurato con i suoi attributi iconografici: la scala, il bastone da pellegrino e il rotolo nella mano.

Il simbolismo del numero 17
Il numero 17 appare più volte nella vita e nella leggenda di Sant’Alessio: 17 anni a Edessa, 17 anni nella casa paterna, 17 luglio come data della morte. In Oriente è ricordato il 17 marzo, mentre in Occidente il 17 luglio.

Roma – Chiesa dei Ss. Bonifacio e Alessio, facciata e campanile – Wikipedia, pubblico dominio

Ancora oggi, la Basilica di Sant’Alessio all’Aventino è una delle mete preferite per le celebrazioni matrimoniali, in omaggio alla castità e al sacrificio del santo.

 

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