Il nome di Subiaco, suggestivo borgo dell’alta Valle dell’Aniene, è legato a due figure di grande rilievo nella storia romana e cristiana: l’imperatore Nerone e San Benedetto da Norcia.
Fu proprio Nerone a far costruire una splendida villa imperiale nei pressi di tre laghi artificiali, formati sbarrando il corso del fiume Aniene. Attorno a questa residenza nacque un villaggio destinato ad accogliere gli schiavi al seguito dell’imperatore: fu il primo nucleo dell’antico Sublaqueum, che diventerà poi Subiaco.

Il Sodoma – Il monaco Romano da l’abito eremitico a Benedetto, dettaglio – Affresco, abbazia territoriale di Monte Oliveto Maggiore – Wikipedia, pubblico dominio

Secoli dopo, questo luogo divenne teatro della trasformazione spirituale di uno dei santi più importanti della cristianità: San Benedetto, patrono d’Europa. Ancora giovane, si ritirò per tre anni in un luogo solitario e quasi inaccessibile, conosciuto come il Sacro Speco o Sacro Sepolcro, per dedicarsi a una vita di preghiera e penitenza.

Pochi sanno, però, che fu San Romano, un monaco che viveva nelle vicinanze, a sostenere Benedetto in questa dura esperienza. Fu lui a vestirlo con il tradizionale abito monastico orientale, la melote, un mantello di pelle caprina, e ad accompagnarlo fino alla grotta dove avrebbe vissuto per tre anni in completo isolamento. Ogni giorno, Romano gli faceva arrivare un po’ di pane, calandolo con una fune dalla rupe sovrastante, dopo averlo avvertito con una piccola campanella.

La leggenda racconta che il diavolo, infastidito dalle virtù ascetiche di Benedetto e dalla carità di Romano, un giorno spezzò quella campanella per interrompere il legame tra i due. Ma l’unione spirituale non si ruppe: Romano continuò ad assistere Benedetto non solo con aiuti materiali, ma anche con consigli e insegnamenti, trasmettendogli i segreti della vita monastica. Questo contributo si rivelò fondamentale per la futura elaborazione della Regola benedettina, destinata a influenzare profondamente la spiritualità dell’Occidente cristiano.

Non è certo se, una volta terminato il periodo di ritiro, Benedetto e Romano siano rimasti in contatto. Quello che la tradizione tramanda è che San Romano si sia poi trasferito in Francia, dove fondò un nuovo monastero e ispirò numerosi giovani monaci. Alla sua morte fu venerato come santo, riconosciuto per il suo ruolo decisivo nell’ispirazione di Benedetto e nella nascita del monachesimo benedettino, colonna portante dell’identità cristiana europea.
Attorno alla grotta dove Benedetto visse i suoi anni di ascesi sorse, nel tempo, il Monastero del Sacro Speco, uno dei luoghi spirituali più affascinanti d’Italia.

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Più che un semplice monastero, si tratta di un complesso articolato: due chiese sovrapposte e numerose cappelle scavate nella roccia, aggrappate letteralmente alla parete della montagna e sorrette da un maestoso muraglione ad arcate.
Superato un arco gotico e un corridoio, si accede alla cosiddetta Sala del Capitolo Vecchio, dove un’antica iscrizione sull’architrave accoglie i visitatori:
“Sit pax intranti, sit gratia digna precanti. Laurentius cum Jacobo filio suo fecit hoc opus”
(“Sia pace per chi entra, e grazia degna per chi prega. Lorenzo, con suo figlio Giacomo, realizzò quest’opera”).

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