Furrina (o Furina in alcuni manoscritti) era una divinità arcaica romana di cui, già ai tempi di Varrone, si conosceva ben poco, se non il nome. La sua figura, avvolta nel mistero, sembra essere stata legata all’acqua e alla natura, sebbene i dettagli restino incerti.
A Roma, Furrina aveva un bosco sacro chiamato Lucus Furrinae (o Lucis Furrinae), situato sulle pendici del Gianicolo, nell’area che oggi corrisponde al parco di Villa Sciarra. Questo luogo sacro ospitava anche una fonte dedicata alla dea.
Fu proprio nel Lucus Furrinae che Gaio Gracco si rifugiò nel 121 a.C. per sfuggire ai suoi persecutori, confidando nell’immunità garantita in nome della dea. Tuttavia, messo alle strette dai suoi nemici, Gaio fu costretto a ordinare al suo schiavo Filocrate di porre fine alla sua vita.
Il culto di Furrina era affidato a un flamine minore, il flamine furrinale, quarto ultimo per importanza tra i sacerdoti flamini. La festività principale in suo onore, i Furrinalia, si celebrava il 25 luglio, sebbene alcune fonti la collochino al 25 agosto. Secondo altre interpretazioni, esistevano due celebrazioni distinte nelle due date, a testimonianza di un culto forse più significativo di quanto generalmente si creda.
In epoca imperiale, le tracce di Furrina erano ormai sbiadite, al punto che venne spesso confusa con le Furie, probabilmente a causa della somiglianza fonetica del nome. In alcuni documenti epigrafici, la dea iniziò persino a essere menzionata al plurale come Furrinae o nymphae Forrinae.
Questo cambiamento rifletteva, in parte, il declino delle antiche Grandi Madri trine, divinità che rappresentavano il ciclo della nascita, crescita e morte. Inoltre, la personificazione della natura nella figura di una singola dea lasciò progressivamente spazio a entità minori, spesso associate alla fertilità e alla riproduzione.
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