La leggenda narra che Roma fu fondata nel 753 a.C. da Romolo e Remo, i gemelli figli del dio Marte, allattati da una lupa nei boschi.
Per secoli questo racconto è sembrato puro mito, eppure oggi gli archeologi credono di aver scoperto elementi che potrebbero confermare una parte di quella narrazione.

Resti del Tempio di Vesta – Wikipedia, foto di Tobias Helfrich, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 2.5

Al Foro Romano sono emerse tracce di una costruzione regale, risalenti proprio all’epoca della leggendaria fondazione della Città Eterna.

A guidare la scoperta è stato Andrea Carandini, professore di archeologia all’Università La Sapienza, che da oltre vent’anni dirige gli scavi nell’area dei Fori. Le indagini più recenti si sono concentrate nei pressi del Tempio di Romolo, vicino al Santuario di Vesta, la dea romana della casa e della terra, situato appena fuori dalle mura del Palatino, dove si trovano le più antiche testimonianze di civiltà a Roma.

Fino ad oggi, le ricerche avevano riportato alla luce solo resti databili all’VIII secolo a.C. Ma Carandini e il suo team hanno scoperto qualcosa di ben più significativo: i resti di un palazzo reale di circa 3700 piedi quadrati, di cui 1130 coperti e il resto destinato a cortile. L’edificio aveva un ingresso monumentale, decorazioni raffinate e ceramiche pregiate. Le pareti erano probabilmente in legno e argilla, mentre i pavimenti combinavano legno levigato e argilla compressa. Le analisi su quest’ultima hanno permesso una datazione precisa dell’edificio, collocandolo proprio nel periodo della fondazione tradizionale di Roma.

Segni di capanne sul Palatino risalenti all’VIII secolo a.C. – Wikipedia, pubblico dominio

La residenza presenta dimensioni straordinarie, mai osservate prima in edifici di quell’epoca”, ha dichiarato Carandini. “Non può che trattarsi di un palazzo reale.” A conferma della portata della scoperta, l’archeologo sottolinea come gli edifici comuni dell’epoca non superassero un decimo di tali dimensioni. Sono stati ritrovati anche i resti di un edificio sacro, probabilmente collegato alle vestali, le sacerdotesse che custodivano la fiamma sacra.

Eugenio La Rocca, sovrintendente ai monumenti di Roma, ha avvalorato l’interpretazione di Carandini, definendola “coerente e convincente”. In un’intervista al quotidiano Il Messaggero, ha affermato: “Quel che emerge dagli scavi può essere considerato una lettura archeologica robusta e autorevole. È chiaro che chi creò il mito della fondazione conosceva una verità storica sottostante.” Non significa che la storia di Romolo e Remo si sia svolta esattamente come raccontato, ma che i resoconti degli autori latini si basavano su un nucleo di realtà concreta.

Ma cosa esisteva sul territorio dei sette colli prima che Romolo vi fondasse la città?

Secondo la tradizione più diffusa, si trattava di un’area aperta e disabitata, il nome stesso del Lazio deriverebbe dal termine latus, ovvero “ampio, vasto”. Tuttavia, lo storico Plutarco propone una visione diversa, forse influenzata dal mito di Teseo, il quale unificò i villaggi attici per fondare Atene.
Plutarco immaginava che prima di Romolo vi fosse una moltitudine di capanne sparse, prive di ordine e struttura, poi inglobate all’interno delle prime mura cittadine. Sarebbero proprio queste umili abitazioni a costituire il nucleo primigenio di Roma.

Giovanni Silvagni – Eteocle e Polinice – Wikipedia, pubblico dominio

Anche la relazione tra Romolo e Remo ricorda antichi drammi mitologici: come Eteocle e Polinice, anch’essi gemelli, ma destinati alla reciproca distruzione. Tuttavia, mentre i fratelli tebani morirono entrambi sotto la maledizione divina, la fondazione di Roma segna l’inizio di un impero, pur macchiato dal sangue.

Il poeta Ovidio, nei Fasti, offre un’interpretazione meno cruenta dell’omicidio di Remo. Secondo il suo racconto, Romolo avrebbe incaricato il luogotenente Celere di sorvegliare il pomerio, il sacro confine della città, ordinando di colpire chiunque lo attraversasse. Remo, ignaro di quell’ordine e impegnato nei suoi calcoli urbanistici, volle dimostrare che le mura erano troppo basse e simbolicamente le oltrepassò. Fu ucciso sul colpo, sotto gli occhi attoniti dei presenti e tra il sincero dolore di Romolo.

Il mito delle origini di Roma si intreccia profondamente con elementi simbolici e religiosi. Secondo la leggenda, Rea Silvia, figlia di un re deposto, fu costretta a diventare vestale per impedire che generasse eredi. Ma il dio Marte la rese madre di due gemelli. Scoperta la gravidanza, Rea fu imprigionata, e i neonati abbandonati nel Tevere dentro una cesta. Miracolosamente sopravvissuti, furono ritrovati e allattati da una lupa, poi cresciuti da un pastore. Una volta adulti, i fratelli uccisero Amulio, usurpatore del trono, e restaurarono il legittimo re Numitore, nonno materno. Quindi decisero di fondare una nuova città proprio nel luogo dove la lupa li aveva salvati.

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