
Thermes de Cluny, Pilier des Nautesː il dio gallico Cernunnos, calvo, barbuto, con orecchie di animali e corna – Wikipedia, pubblico dominio.
Tra le più misteriose e affascinanti divinità del pantheon celtico, Cernunnos si distingue per la sua duplice natura, umana e animale.
È il dio dai tratti selvatici, colui che incarna la forza della vita che nasce, cresce e si trasforma.
Nelle sue raffigurazioni, le corna di cervo si intrecciano ai capelli e il suo corpo si fonde con quello delle creature del bosco: un simbolo di unione profonda tra l’uomo e la natura, tra la materia e lo spirito.
Il nome Cernunnos deriva dalla radice celtica cern- (“corno”), e in lui il cervo, animale veloce, elegante e potente, è emblema di fertilità, desiderio e rigenerazione.
Spesso accanto a lui appare il serpente con corna d’ariete, creatura carica di valenze simboliche: rappresenta il rinnovamento ciclico, il mistero della vita che si rigenera e la forza tellurica che sale dalla terra.
In molte immagini, il dio tiene il serpente tra le mani o lo nutre da una coppa, come a suggellare un legame indissolubile tra il mondo animale e quello divino.
Cernunnos è raffigurato spesso seduto a gambe incrociate, in atteggiamento di quieta potenza, adornato di torques, i collari d’oro che simboleggiano il potere e la dignità, e circondato da segni di abbondanza: cornucopie, frutti, grano, monete.
È dunque insieme signore degli animali, dio della natura selvaggia, e divinità della ricchezza e della vita che si rinnova.

Dettaglio del calderone di Gundestrup con la raffigurazione del dio Cernunnos – Wikipedia, pubblico dominio.
Cernunnos è una delle rare figure divine celtiche già presenti nel periodo preromano.
La sua più antica rappresentazione conosciuta si trova incisa su una roccia della Val Camonica, a Paspardo, risalente al IV secolo a.C.: un uomo con le corna di cervo, due torques alle braccia e un serpente cornuto accanto a lui.
La scena, densa di simbolismo, potrebbe alludere a un rito di fecondità o di rinnovamento della vita naturale.
L’immagine più celebre di Cernunnos si trova tuttavia sul Calderone di Gundestrup (II-I sec. a.C.), uno dei più straordinari manufatti della cultura celtica.
Qui il dio siede a gambe incrociate, con due torques, le corna di cervo, il serpente cornuto e numerosi animali intorno: cervi, lupi, tori.
È il Signore delle Bestie, colui che domina ma non opprime, che governa la forza della natura con saggezza, non con violenza.
In Gallia, le rappresentazioni di Cernunnos assumono forme ancora più complesse.
A Sommerécourt, il dio appare mentre nutre un serpente da una scodella di avena tenuta in grembo, le corna sul capo inserite in piccoli fori, probabilmente staccabili, segno di riti stagionali legati alla crescita e alla caduta delle corna del cervo.
A Étang-sur-Arroux, una statuetta di bronzo lo mostra con tre teste, mentre a Beaune e Nuits-Saint-Georges la triplicità è ripresa in figure che lo accompagnano.
Il numero tre, sacro ai Celti, è qui chiave di lettura del suo simbolismo: rappresenta la totalità del mondo (cielo, terra e inferi) e la continuità del ciclo vitale, dove morte e rinascita si intrecciano senza fine.
A Reims, infine, un rilievo lo raffigura seduto, accanto a Mercurio e Apollo, in una sintesi di culture: il mondo celtico e quello romano si fondono, e Cernunnos assume anche un volto più sereno, dispensatore di prosperità.
Dal suo grembo traboccano chicchi di grano o monete, che un cervo e un toro raccolgono con devozione.
Un topo, posto sopra il timpano della scena, ricorda il suo legame con il mondo sotterraneo e con l’aldilà, completando così la sua natura duplice: dio della vita e della morte, della luce e delle ombre.

Apollo, Cernunos e Mercurio – Sala delle antichità romane al Museo Saint-Remi – Wikipedia, foto di G.Garitan opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0
Cernunnos è il simbolo dell’equilibrio naturale e spirituale che i popoli antichi riconoscevano nel cosmo.
È il custode del ciclo eterno, in cui tutto si trasforma e nulla si perde: gli animali, le stagioni, la vita stessa.
Nel suo volto cornuto si uniscono la potenza istintiva della terra e la saggezza dell’uomo che ne riconosce la sacralità.
A differenza delle divinità guerriere o celesti, Cernunnos non brandisce armi: siede, osserva, nutre.
È un dio che non domina ma armonizza, e in questo la sua immagine parla ancora oggi, in un tempo che ha smarrito il legame con la natura, di un equilibrio possibile tra l’essere umano e il mondo che lo circonda.
Cernunnos, signore silenzioso dei boschi e dei cuori, continua a ricordarci che la sacralità della vita non è sopra di noi, ma intorno a noi, nelle corna del cervo, nella spirale del serpente, nel respiro della terra.
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