Sant’Alessandro, patrono della città di Bergamo, è tradizionalmente raffigurato come un soldato romano, armato di uno stendardo su cui campeggia un giglio bianco: simbolo di purezza e di fede incrollabile.

Secondo la tradizione, quel vessillo apparteneva alla leggendaria Legione Tebea, composta da soldati egiziani provenienti dalla Tebaide e guidata da San Maurizio.
Alessandro, secondo gli Atti del martirio, avrebbe avuto il grado di comandante di centuria in questa legione, impiegata inizialmente nelle province orientali dell’Impero e trasferita in Occidente nel 301 per fronteggiare le minacce dei Quadi e dei Marcomanni.
Durante l’attraversamento del Vallese, alla legione fu impartito l’ordine di arrestare i cristiani, nell’ambito di una feroce persecuzione imperiale.

Bernardino Luini – San Alessandro di Bergamo- Wikipedia, pubblico dominio

I legionari, essi stessi cristiani, rifiutarono di eseguire quel comando. Come punizione, subìrono la decimazione ad Agaunum (l’odierna Saint-Maurice), una pratica brutale che prevedeva l’esecuzione sommaria di un soldato ogni dieci. Poiché il rifiuto persisteva, una seconda decimazione fu eseguita, seguita infine da un massacro ordinato direttamente dall’imperatore.
Pochi riuscirono a scampare a quella strage. Tra i sopravvissuti vi furono Alessandro, Cassio, Severino, Secondo e Licinio, che riuscirono a fuggire in Italia.

Alessandro trovò rifugio a Milano, ma fu presto riconosciuto, arrestato e imprigionato. Durante la prigionia rifiutò con fermezza di rinnegare la fede cristiana. Ricevette però conforto e sostegno spirituale grazie alla visita di San Fedele e del vescovo San Materno.
Proprio San Fedele riuscì a organizzare la sua fuga. Alessandro si rifugiò a Como, ma anche lì fu catturato e ricondotto a Milano. Condannato alla decapitazione, scampò miracolosamente all’esecuzione: i boia, infatti, non riuscivano a sollevare le braccia per colpire. Fu allora ricondotto in carcere, da cui riuscì a evadere una seconda volta.
Dopo una fuga rocambolesca, passando per Fara Gera d’Adda e Capriate, Alessandro raggiunse finalmente Bergamo. Qui fu accolto dal principe Crotacio, che gli offrì rifugio e gli consigliò di nascondersi. Ma Alessandro non accettò di vivere nell’ombra: iniziò invece a predicare apertamente la fede cristiana, convertendo numerosi bergamaschi, tra cui i futuri martiri Fermo e Rustico.

La sua attività attirò presto l’attenzione delle autorità, e venne nuovamente arrestato. Il 26 agosto 303 fu finalmente giustiziato con la decapitazione nel luogo dove oggi sorge la chiesa di Sant’Alessandro in Colonna.

1012px francesco di simone da santacroce. trittico di leprena. 1506. accademia carrara, bergamo

Trittico di Lepreno, da sinistra San Giovanni Battista, San Giacomo Maggiore e Sant’Alessandro Martire, dipinto da Francesco di Simone da Santacroce nel 1506. Esposto presso l’accademia Carrara, Bergamo.- Wikipedia, pubblico dominio

Molti studiosi ritengono che Alessandro fosse davvero un soldato romano, forse bergamasco d’origine o d’adozione, messo a morte per la sua fede.

Secondo la leggenda, fu la nobildonna Grata a trafugare il corpo del martire. Alcuni giorni dopo l’esecuzione, avrebbe ritrovato le sue spoglie grazie a un segno miracoloso: gigli bianchi nati nel punto in cui il sangue di Alessandro aveva toccato terra.
Grata fece seppellire il corpo in un orto di famiglia, appena fuori dalle mura della città, là dove in seguito fu edificata la grande Basilica di Sant’Alessandro, purtroppo distrutta nel Cinquecento durante la costruzione delle Mura Venete di Bergamo.

La Chiesa cattolica celebra Sant’Alessandro ogni 26 agosto, data del suo martirio, ricordandolo con un breve ma solenne elogio nel Martirologio Romano: “A Bergamo, sant’Alessandro, martire”..

 

 

 

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