(revisione agosto 2025)

Intorno al 1115, Arnaldo da Brescia, canonico agostiniano, seguiva a Parigi le lezioni del celebre Pietro Abelardo, teologo controverso per le sue interpretazioni razionalistiche della Bibbia, che anteponevano la ragione alla fede. L’influenza di Abelardo fu determinante, ma Arnaldo si distinse più per l’azione che per la teoria: non lasciò alcuno scritto e, se lo fece, i suoi oppositori si premurarono di distruggerlo.

Nonostante ciò, Arnaldo divenne una figura rivoluzionaria, considerata da molti storici l’attuatore più radicale di idee ispirate al movimento patarino e all’ideale evangelico. Predicava l’uguaglianza sociale, la libertà di coscienza e la separazione tra Chiesa e Stato.

Il suo primo tentativo di riforma risale al 1119, quando rientrò a Brescia e si mise alla guida di una comunità di canonici regolari, detta “dei Politici”.
Si oppose apertamente al vescovo Manfredo, accusandolo di accumulare terre donate dai nobili, immischiarsi in affari temporali e praticare usura, invece di vivere di decime e offerte spontanee.

Papa Innocenzo II lo fece espellere dalla città e gli proibì di predicare. Nel 1139, il Concilio Lateranense II, pur condannando varie pratiche del clero come l’usura, i giochi, l’ostentazione e l’uso della giurisprudenza o della medicina a fini di lucro, giudicò Arnaldo gravemente eretico.

Bernardo di Chiaravalle – Wikipedia, pubblico dominio

Lontano dal ritrattare, Arnaldo si rifugiò in Francia e affiancò Abelardo al concilio di Sens nel 1140, dove conobbe Bernardo di Chiaravalle, fondatore dei Cistercensi e suo accanito oppositore. Abelardo fu condannato, e ad Arnaldo fu imposto il silenzio monastico. Ma Arnaldo ignorò l’ordine e riprese a predicare in tutta la Francia, sostenendo che la Chiesa andasse privata di ogni ricchezza per tornare alla sua purezza originaria.

Convinto da san Bernardo, il re Luigi IX lo espulse dalla Francia.
Arnaldo, impassibile, si spostò a Zurigo, dove riprese la sua lotta contro le ricchezze del clero. Bernardo intervenne ancora, scrivendo al vescovo di Costanza affinché lo arrestasse, ma Arnaldo trovò protezione nella legazione del cardinale Guido di Castello (futuro papa Celestino II), con cui si recò in Boemia e Moravia.

Anche stavolta Bernardo scrisse, indignato, al cardinale, che però ignorò le accuse e nel 1145 facilitò la riconciliazione di Arnaldo con papa Eugenio III.
A lui fu imposto un periodo penitenziale a Roma. Tuttavia, nel clima esplosivo della città, la presenza di Arnaldo acquisì un nuovo significato. L’insoddisfazione popolare verso le corruzioni papali esplose, costringendo Eugenio III a rifugiarsi a Viterbo.

Papa Eugenio III – Wikipedia, pubblico dominio

Paradossalmente, mentre la rivolta popolare chiedeva la confisca dei beni ecclesiastici, Arnaldo sembrava momentaneamente allineato al papa. Pare che sia riuscito a convincerlo a riconoscere il senato repubblicano romano, a condizione che il suo presidente ricevesse un’investitura ecclesiastica. Ma i repubblicani più radicali rifiutarono il compromesso e si allearono con Tivoli contro Roma.

La situazione precipitò. Eugenio fuggì in Francia, dove sostenne la Seconda Crociata, che però fallì miseramente nel 1148. Rimasto senza papa in città, Arnaldo riprese la predicazione con nuova energia: contro il potere temporale della Chiesa, per la povertà evangelica, la libera interpretazione delle Scritture, la predicazione laica e l’autonomia comunale da ogni autorità pontificia.

La sua oratoria lo rese celebre: ottenne il sostegno del partito democratico repubblicano, della piccola e media borghesia, e persino di parte del basso clero.

La risposta di Eugenio III fu immediata: raccolse denaro in Francia, arruolò mercenari e, con l’appoggio del re normanno Ruggero, tentò di rientrare a Roma. I repubblicani resistettero e, temendo future offensive, chiesero aiuto all’imperatore Federico Barbarossa, che non era ancora stato incoronato dal papa.

Enrico il Leone (Enrico XII) in lotta a fianco di Federico Barbarossa contro i ribelli romani nel 1155 – Wikipedia, pubblico dominio

Con astuzia, anche il pontefice si rivolse a Federico, offrendogli il riconoscimento ufficiale come imperatore in cambio della soppressione del governo repubblicano romano.
Ignaro delle conseguenze, Federico accettò. Il patto fu firmato a Costanza nel 1153: l’imperatore avrebbe restaurato l’autorità temporale della Chiesa.

Tuttavia, Eugenio III morì prima dell’attuazione dell’accordo. Il suo successore, Anastasio IV, sembrava favorevole a un’intesa con il Comune, ma morì anch’egli improvvisamente nel dicembre del 1154. Gli succedette Adriano IV, unico papa inglese della storia, che adottò una linea dura: dopo l’assassinio di un cardinale, scomunicò Roma e pretese la consegna di Arnaldo.

Dopo nove anni di attività rivoluzionaria, Arnaldo fu esiliato dal Senato e costretto a fuggire nei castelli della campagna romana. Trovò rifugio presso i visconti di Campagnano, che lo accolsero come un uomo di grande statura morale.

Nel frattempo, Federico Barbarossa era sceso in Italia per imporre l’obbedienza dei Comuni. Nel giugno 1155, mentre si trovava in Toscana, Adriano IV gli chiese di catturare Arnaldo, che fu effettivamente arrestato.

Il rogo dei resti di Arnoldo di Brescia- Wikipedia, pubblico dominio

Consegnato ai legati pontifici, Arnaldo da Brescia fu condannato a morte senza processo. Fu impiccato dal prefetto di Roma, il suo corpo bruciato e le ceneri disperse nel Tevere, affinché nessuna reliquia potesse diventare simbolo di rivolta.

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