I Geni nella religione romana sono spiriti o divinità secondarie considerate custodi delle sorti delle famiglie e dei singoli, di cui costituiscono il principio vitale.
Il genius corrisponde al genètlio o daimon dei greci ed a spiriti di vario tipo, il cui culto era diffuso presso i popoli dell’antichità. I romani lo ritenevano uno spirito buono, una specie di angelo custode che nasceva e moriva con l’individuo, lo accompagnava e ne dirigeva le azioni nel corso dell’intera vita.
Uscendo dall’ambito familiare, dove era particolarmente venerato il genio del pater familias, in epoca imperiale il culto acquistò dimensione pubblica: si attribuì un genio protettore anche ai luoghi (genius loci), rappresentato per lo più sotto forma di serpente, immagine che imponeva il rispetto del luogo; fu venerato il genius populi romani in figura di giovinetto; con Augusto venne istituito il culto del genio dell’imperatore vivente. Mentre Iuno era lo spirito tutelare femminile che accompagnava ogni donna.
Per estensione, il termine genio è impiegato per indicare anche figure minori presenti in varie mitologie, spiritelli a carattere benevolo o malevolo, collegati alla natura e ad aspetti dell’esistenza (geni della foresta, dei fiumi, dell’amore, della fecondità, ecc.).
Stralcio testo tratto dalla pagina: unmondoaccanto.blogfree.net sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…
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