I Lapiti, popolazione mitica della Tessaglia, erano un antico popolo guerriero, originariamente stanziato tra le aspre montagne del Pindo, del Pelio e dell’Ossa. Secondo la leggenda, essi avevano scacciato i Pelasgi, i primi abitanti di quelle terre, per stabilire il loro dominio sulla regione.

Centauri al matrimonio di Piritoo – Wikipedia, pubblico dominio

Le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e figlio di Issione, con la bellissima Ippodamia erano destinate a essere un giorno di festa, ma si trasformarono in una tragedia leggendaria. Tra gli invitati c’erano i Centauri, cugini di Piritoo, creature metà uomini e metà cavalli, noti per la loro forza selvaggia e il loro temperamento impetuoso.

Poiché il numero degli ospiti superava la capienza del palazzo reale, ai Centauri fu concesso di banchettare in una vasta grotta, insieme a Nestore, Ceneo e altri principi tessalici. Ma ciò che doveva essere un convivio si trasformò ben presto in caos.

I Centauri non erano abituati al vino, una bevanda riservata agli uomini civilizzati. Quando l’aroma del nettare si diffuse nell’aria, il loro istinto prese il sopravvento: presero d’assalto gli otri con i loro corni d’argento, bevvero avidamente e si lasciarono travolgere dall’ebbrezza.

Quando Ippodamia apparve sulla soglia della caverna per salutare gli ospiti, il Centauro Eurizione, ormai fuori di sé, si scagliò su di lei con furia selvaggia. In un lampo, rovesciò il tavolo, fece cadere coppe e vassoi e, sotto gli occhi sbalorditi dei presenti, la afferrò per i capelli, trascinandola via con la forza bruta della sua natura primitiva.

Frans Francken II (1581-1642) – Il ratto di Ippodamia – National Trust for Places of Historic Interest or Natural Beauty – Wikipedia, pubblico dominio

L’azione scellerata di Eurizione fu solo l’inizio del caos. I Centauri, ormai completamente in preda all’ebbrezza, seguirono il suo vergognoso esempio e si gettarono sulle donne presenti al banchetto, cercando di rapirle con la violenza della loro natura selvaggia. Il banchetto di nozze si trasformò in una carneficina.

Ma i Lapiti non restarono a guardare. Piritoo e il suo inseparabile compagno Teseo, eroe ateniese, si lanciarono subito in difesa di Ippodamia. Con ferocia, punirono Eurizione mozzandogli il naso e le orecchie, un segno di umiliazione che avrebbe ricordato a tutti la sua disonorevole condotta. Nel frattempo, con l’aiuto dei guerrieri lapiti, scacciarono i Centauri dalla caverna, dando inizio a una battaglia furibonda.

La lotta esplose con violenza. Il clangore delle armi riempì l’aria, mentre Lapiti e Centauri si affrontavano in uno scontro senza tregua. Le lance si spezzavano contro i corpi poderosi dei Centauri, che, con la loro forza sovrumana, si battevano con furia. Tra i Lapiti, il valoroso Ceneo cadde, travolto dall’impeto dei nemici.

La battaglia infuriò fino al calare della notte, quando finalmente i Lapiti, guidati da Teseo, riuscirono a rovesciare le sorti dello scontro. Con un ultimo assalto, scacciarono i Centauri dal loro territorio, costringendoli ad abbandonare per sempre le loro antiche terre di caccia sul monte Pelio. Ridotti a fuggiaschi, i Centauri trovarono rifugio presso il monte Pindo, nella terra degli Etici, segnando così l’inizio di una inimicizia destinata a durare per secoli.

Da allora, la lotta tra i Lapiti e i Centauri divenne il simbolo della perenne battaglia tra civiltà e barbarie, tra il dominio della ragione e l’istinto primordiale. Un conflitto così leggendario da essere immortalato nella scultura e nell’arte dell’antica Grecia, testimoniando per sempre la vittoria dell’umanità sulla bestialità.

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La sconfitta sul Monte Pelio non segnò la fine della guerra tra Lapiti e Centauri. Feriti nell’orgoglio e assetati di vendetta, i Centauri non tardarono a riorganizzarsi. Riunirono le loro forze, richiamarono alle armi ogni guerriero ancora in grado di combattere e, con un impeto furioso, marciarono nuovamente contro i Lapiti.

L’attacco fu rapido e inaspettato. I Lapiti, colti di sorpresa, non ebbero il tempo di radunare tutte le loro truppe e furono travolti dalla furia nemica. La battaglia fu brutale: le file dei Lapiti vennero decimate, e i pochi superstiti, sopraffatti dalla violenza dell’assalto, furono costretti a ritirarsi.

Braccati e in fuga, trovarono rifugio a Foloe, in Elide, sperando di poter ricostruire le loro forze e difendere l’ultimo avamposto rimasto. Ma i Centauri, spietati nella loro vendetta, non si accontentarono della vittoria ottenuta: li inseguirono fino a Foloe, li cacciarono via e trasformarono la città in una loro roccaforte, imponendosi definitivamente su quelle terre.

I Lapiti, ormai privi di un luogo sicuro, furono costretti a spingersi ancora più lontano, fino a stabilirsi nella regione di Malea, lasciando alle loro spalle le terre che un tempo avevano chiamato casa.

Così, la rivalità tra Lapiti e Centauri, iniziata come una semplice disputa durante un banchetto nuziale, si era trasformata in una guerra implacabile, fatta di vittorie e sconfitte, di terre conquistate e perdute, di odio inestinguibile tra due stirpi destinate a combattersi per sempre.

La lunga e travagliata storia dei Lapiti li portò a combattere non solo contro i Centauri, ma anche contro un avversario ancora più temibile: Eracle, il più grande eroe della mitologia greca.

A quel tempo, i Lapiti erano guidati da Corono, figlio di Ceneo, e si trovavano in guerra con Egimio, re dei Dori. L’avanzata dei Lapiti era inarrestabile: incalzavano il loro nemico con ferocia, minacciando di abbatterlo definitivamente. Con il regno sull’orlo della disfatta, Egimio si vide costretto a chiedere aiuto a Eracle, offrendogli in cambio un terzo del suo dominio in caso di vittoria.

Eracle, mai restio a impugnare le armi per una giusta causa, accettò la sfida e marciò in soccorso di Egimio. Quando l’eroe scese in battaglia, la sorte dei Lapiti era ormai segnata: la sua forza sovrumana li travolse come una tempesta, spezzando le loro linee e annientando le loro forze. I Lapiti furono sbaragliati e il loro potere infranto.

Ma quando giunse il momento di reclamare la sua ricompensa, Eracle sorprese tutti. Non volle il territorio promesso per sé: rinunciò alla ricompensa, chiedendo soltanto che fosse riservata per i suoi discendenti, gli Eraclidi.

Così, ancora una volta, Eracle dimostrò che il suo valore non risiedeva solo nella forza, ma anche nella grandezza d’animo, lasciando un’eredità che sarebbe stata raccolta dalle future generazioni.

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