Tra storia, mito e fede: la moglie di Gesù e il volto dimenticato di Maria di Magdala

Ci sono storie che tornano ciclicamente a incuriosirci, a sfidarci, a invitarci a rimettere in discussione ciò che credevamo di sapere. Oggi voglio raccontarne due. Apparentemente distanti, se non addirittura in contrasto, eppure entrambe profondamente connesse alla figura di Gesù e alla ricerca,  antica quanto l’uomo, di verità.

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Vangelo della moglie di Gesù – Wikipedia, pubblico dominio

La prima è una notizia che ha fatto il giro del mondo nel 2012, quando una docente della Harvard Divinity School, Karen King, presentò al pubblico un piccolo frammento di papiro in copto risalente al IV secolo. L’iscrizione, leggibile solo con una lente d’ingrandimento, riportava parole mai viste prima nei testi canonici: “Gesù disse loro: ‘Mia moglie…’”. Accanto a questa frase, un’altra: “Lei sarà in grado di essere mia discepola”.

Impossibile non evocare il fascino del “Codice da Vinci”, ma la studiosa fu chiara: non si tratta di una prova che Gesù fosse sposato, né tantomeno di un documento contemporaneo alla sua vita. Piuttosto, un’eco di tradizioni tardive, forse gnostiche, forse simboliche. Il papiro, di provenienza sconosciuta, resta ancora oggi avvolto nel mistero, e la comunità scientifica si divide sul suo significato e sulla sua autenticità.

Ma perché queste ipotesi ci attraggono così tanto? Forse perché toccano un tema rimasto ai margini per secoli: il ruolo delle donne nel cammino di Gesù. E qui entra in scena la seconda storia. Non meno controversa, e forse ancora più potente.

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Tiziano – Noli me tangere – Wikipedia, pubblico dominio

Monsignor Gianfranco Ravasi, in un suo scritto illuminante, ricostruisce con delicatezza le mille sovrapposizioni e deformazioni che hanno investito la figura della Maddalena nel corso dei secoli. Originaria di Magdala, un villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade, Maria compare nei Vangeli come una delle donne che seguivano Gesù, assistendolo insieme ai discepoli.
Fu lei, ci racconta il Vangelo di Giovanni, a recarsi per prima al sepolcro la mattina di Pasqua. Non riconobbe subito Gesù risorto: lo scambiò per il custode del giardino. Solo quando egli la chiamò per nome, Maria, allora lo riconobbe: Rabbunì, Maestro.
Da quel momento, Maria di Magdala diventa la prima testimone della Risurrezione, la prima a portare la notizia ai discepoli. Eppure, nonostante questo ruolo centrale, la sua figura venne presto fraintesa, sovrapposta a quella della peccatrice anonima che unge i piedi di Gesù, e poi ancora confusa con Maria di Betania, la sorella di Marta e Lazzaro. Come se il volto della Maddalena fosse destinato a perdersi tra le nebbie del simbolo e dell’allusione.

In alcuni testi apocrifi, composti in Egitto nei secoli successivi, Maria arriva persino a essere identificata con la madre di Gesù o con una personificazione della Sapienza divina. È in questo contesto che il Vangelo di Filippo, spesso frainteso, afferma che Gesù “amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava sulla bocca”. Una frase densa di simbolismo, da leggere forse più con gli occhi del cuore che con quelli della cronaca.


Due storie. Un frammento di papiro e una figura fraintesa. Da una parte, l’eco di una possibile “moglie” di Gesù; dall’altra, la donna che fu più vicina a lui nel momento della rinascita. In mezzo, un invito alla riflessione: non per trarre conclusioni affrettate, ma per lasciarci interrogare. Perché la storia della fede è fatta anche di domande, non solo di risposte.
E forse, proprio lì, in quelle domande, abita una verità più profonda.

 

 

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