Tra le antiche divinità dell’Egitto, Satet (nota anche come Satis, Satit, Satjet o Satjit) occupa un posto affascinante e complesso. Chiamata colei che vola come una freccia, era legata al fiume Nilo, simbolo di vita e fertilità, ma anche associata alla guerra, alla protezione e al ciclo perenne del cambiamento.

Rilievo con la dea Satet, granito rosa (Parigi, Louvre). Foto Rama, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 2.0 fr

Il legame principale di Satet era con le inondazioni del Nilo, evento naturale che portava fertilità alle terre d’Egitto. In questo contesto, la dea veniva venerata come protettrice delle acque, dispensatrice di benedizione e abbondanza. La sua associazione con il fiume, imprevedibile e mutevole, portò a identificarla con l’idea di continuo cambiamento.

Anche il suo nome, che richiama l’immagine della freccia che vola rapida, potrebbe essere legato alla forza e alla direzione della corrente del Nilo.

Satet era spesso raffigurata accanto al dio Khnum, il modellatore dell’umanità sul tornio di creta, e alla dea Anuket, considerata sua figlia o sorella. Insieme formavano la triade sacra di Elefantina, isola sacra nei pressi della prima cataratta del Nilo.

Nonostante la sua vocazione di dea delle acque, alcuni testi la descrivono anche come divinità guerriera. Secondo antiche fonti, Satet era incaricata di proteggere il confine meridionale dell’Egitto e colpire con le sue frecce i nemici del Faraone. Questo duplice aspetto, materno e protettivo ma anche feroce, è tipico di molte divinità arcaiche.

Satis – Illustrazione dal Pantheon Egyptien (1823-1825) di Leon Jean Joseph Dubois (1780-1846). Migliorato digitalmente da Rawpixel, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Satet era rappresentata solitamente come una donna con la corona bianca dell’Alto Egitto, talvolta con un arco e frecce, altre volte come una gazzella cornuta o un’antilope, animali leggeri e veloci, simboli di agilità e grazia.

Il suo nome è attestato sin dalla III dinastia, inciso su brocche di ceramica ritrovate a Saqqara, nel complesso della piramide di Djoser. Anche testi della VI dinastia fanno riferimento a lei, confermando un culto molto antico e radicato.

Satet veniva venerata in diversi luoghi, ma i suoi santuari più importanti erano sull’isola di Sehel e sull’isola di Elefantina, nei pressi dell’odierna Assuan. Proprio qui la regina-faraone Hatshepsut fece costruire un tempio in suo onore, segno dell’importanza del culto anche in epoca storica avanzata.

Satet è il riflesso stesso del Nilo: madre e guerriera, nutrice e custode, forza vitale e barriera contro il caos. In lei convivono la fecondità della terra e la protezione dei confini, il dono delle acque e la punizione dei nemici.
Venerare Satet significava riconoscere che la vita, come il fiume, scorre, cambia, si rinnova e resiste.

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