Nel cuore della religione romana, tra i nomi illustri di dèi e semidei, esisteva una figura avvolta nel mistero e nella penombra: Summano, il dio dei fulmini notturni.
Spesso considerato una manifestazione oscura di Giove, signore del cielo e del fulmine diurno, Summano rappresentava il volto notturno e più temuto dell’energia celeste.
Se i fulmini del giorno erano portatori di segni divini, quelli della notte, lanciati da Summano, venivano temuti come annunci di sventura, carichi di significati sinistri.

Zeus Lancia fulmini – Santuario di Zeus a Dodona, bronzo, 470 a.C. circa. Antikensammlung Berlino, Altes Museum – Wikipedia, foto di Zde, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Secondo la leggenda, fu il re Tito Tazio, sovrano sabino, a introdurre il suo culto a Roma, assieme ad altre divinità del pantheon sabino. E ogni 20 giugno, in corrispondenza del solstizio d’estate, si celebrava una festa in suo onore: i Summanalia.

In quella giornata speciale, i Romani offrivano al dio focacce di farina, latte e miele, plasmate a forma di ruota, simbolo probabilmente legato al sole, ma che nella notte sacra a Summano assumeva un significato più profondo, un ponte tra luce e oscurità, tra la vita e il mistero della notte.

Marco Aurelio (capo coperto) offre sacrifici davanti al Tempio di Giove – Wikipedia, foto User:MatthiasKabel, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Un tempio fu costruito in suo onore nel 278 a.C., a Roma. Ma quella struttura sacra fu teatro di un evento che i Romani non avrebbero dimenticato: nel 197 a.C., un fulmine si abbatté proprio sul tempio.

Ade (Plutone) e Cerbero, in Meyers Konversationslexikon, 1888 – Wikipedia, pubblico dominio)

Non colpì a caso. Centrò la statua del dio, decapitandola.
La testa della statua, secondo il racconto, finì nelle acque del Tevere, come trascinata via dal volere divino.

Per i sacerdoti e i cittadini non ci furono dubbi: Summano chiedeva un tempio tutto suo, un luogo più degno del suo potere.
E così fu: il nuovo tempio gli venne dedicato nel Circo Massimo. Da quel momento in poi, la figura di Summano si staccò dall’orbita di Giove, per diventare una divinità autonoma, potente e cupa, collegata sempre più al mondo infernale.

Nel tempo, il suo nome si fuse con altre divinità oscure. Lo scrittore tardo latino Marziano Capella lo identificò con Plutone, signore dell’oltretomba, suggerendo che “Summano” derivasse da summus manium, “il più alto tra gli dèi Mani”, ossia il più grande tra gli spiriti dei morti.

Questa immagine potente sopravvisse nel tempo e fu ripresa da scrittori come Camões, che evoca Summano come portatore di “punizioni più severe nel regno tenebroso”, e da John Milton, che nella sua visione apocalittica del male, descrive Satana con parole che ricordano proprio la discesa di Summano sulla terra:

“Proprio così Summano, avvolto in un vortice
di fumo e fiamma blu, cade su persone e città.”

Persino Sant’Agostino ricorda come, in epoche più antiche, Summano fosse considerato superiore a Giove. Solo con il tempo, e con la costruzione di un tempio più sontuoso per Giove, l’onore e la devozione del popolo si spostarono, lasciando Summano nell’ombra.
Eppure, è proprio nell’ombra che questa divinità ha continuato a esistere: nel fragore dei temporali notturni, nel terrore dei fulmini improvvisi che squarciano il buio, nel silenzio carico di presagi che precede ogni tempesta.

Summano, dio dimenticato, ma mai del tutto scomparso. Perché la notte ha sempre avuto i suoi dèi. E lui era il più potente tra essi.

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