Ubicazione della Val di Fassa – Wikipedia, Immagine rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0

Una nuova storia molto particolare ci porta nuovamente ad occuparci di una casa situata nella Val di Fassa, ma in questo caso non parliamo di fantasmi e spiriti, quanto di una leggenda che vede protagonista una strega e gli abitanti di un villaggio.
Tutto ebbe inizio agli inizi del Novecento, quando una donna, che era da tutti considerata una strega, venne allontanata dal villaggio in modo che non arrecasse danno alla popolazione.

Piccola premessa.
Nella Val di Fassa la mitologia governava il popolino, e si credeva che i boschi fossero avvolti da un alone di mistero e di paura nel quale albergavano quattro differenti tipologie di esseri mitologici. 

Vi erano le Vivenes, creature femminili dai monti e delle acque, che i racconti mitologici descrivono come donne bellissime e di buona indole. Vivevano nei boschi, da dove proteggevano i pascoli e gli alberi, ma si avvicinavano spesso volentieri agli uomini per consigliarli sul tempo, sul periodo più adatto per la semina, per la mietitura e l’aratura. Alle donne insegnavano come usare la cenere dell’abete bianco per ottenere un bucato bianco come la neve, e insegnavano come districare e acconciare bene i capelli. I loro suggerimenti erano preziosi perché sapevano predire il futuro e quindi potevano evitare possibili disgrazie. Avevano una dote particolare, che consisteva nel saper comprendere perfettamente il linguaggio delle civette: da loro apprendevano le notizie che provenivano dal mondo.

Il corrispondente maschile delle Vivenes era un Uomo selvatico, che rispondeva al nome di Salvan. Viene descritto nelle tradizioni antiche come la divinità delle selve e dei raccolti, una sorta di eroe civilizzatore che insegnava agli uomini i segreti della caseificazione e a lavorare il latte. 
Purtroppo però il suo aspetto bifronte si riversava anche nel suo carattere: certe volte era buono, altre cattivo, e vendicativo.

Altri personaggi mitologici che popolavano boschi e selve della Val di Fassa erano le cosiddette Bregostenes, che a differenza delle Vivenes erano selvagge e predatrici. Vivevano nei boschi e nelle montagne e si divertivano a far di tutto per danneggiare l’uomo nelle sue attività. 
Rubavano qualsiasi cosa, spaventavano le pecore e le mucche, buttavano al vento i covoni di paglia faticosamente ammucchiati nei prati e, soprattutto, rubavano i neonati dalle culle per sostituirli con i propri, esserini brutti e deformi che però agli occhi della gente assumevano i connotati del neonato rapito, e si insediavano nella famiglia come parassiti. Avevano però paura dei cani, e difatti ogni famiglia della Val di Fassa ne aveva almeno uno in casa per impedire alle Bregostenes di avvicinarsi.

Accanto a questi personaggi, che appartengono alla sfera mitologica, non scordiamo però l’esistenza di un altro essere, che però viveva a stretto contatto con gli uomini: Erano le Stries, le streghe, donne perfide e malvagie che vivevano tra gli uomini e con l’aiuto del demonio si adoperavano in ogni modo per far loro del male.
Era per questo motivo, infatti, che ogni evento negativo che si abbatteva sulla comunità era attribuito a loro.
Secondo le credenze comuni, le streghe provocavano temporali violenti per distruggere irreparabilmente il raccolto, oppure lanciavano maledizioni affinché il pane, il formaggio e il burro non riuscissero nel migliore dei modi.
C’erano però dei rimedi anche contro le streghe: arrampicarsi ad esempio sui rami degli abeti rossi, il solo albero che gli spiriti maligni temevano; portare al collo dei mazzetti di erbe benedette; lanciare un coltello con il segno di nove croci contro un temporale affinché questo perdesse d’intensità e non facesse danni. E, soprattutto, allontanare le streghe dal villaggio e impedire che vi facessero ritorno.
Proprio quest’ultimo passaggio è l’oggetto della storia di oggi.

Campitello di Fassa, sullo sfondo il Latemar e il gruppo del Catinaccio – Wikipedia, pubblico dominio.

Come avevo preannunciato, in un villaggio della Val di Fassa, viveva nei primi anni del Novecento una donna che era da tutti considerata una strega. Era malvagia, perfida, traeva piacere nel provocare dissidi tra i compaesani, e ciò che più la divertiva era scatenare liti tra due persone amiche e assolutamente pacifiche, e poi osservare i due litiganti darsele di santa ragione, senza ben sapere il motivo per cui questo avveniva.
Un giorno però, gli abitanti del villaggio, stanchi di doverla sopportare, decisero di escogitare uno stratagemma per liberarsi della donna una volta per tutte.
Allontanarono con una scusa banale la strega dal villaggio, e in fretta e in furia attaccarono un crocifisso di legno all’esterno dell’ultima casa del villaggio, perché la tradizione voleva che, se un crocifisso chiudeva al male la via, nessun Male sarebbe più potuto passare da quella via.
Il bel crocifisso venne dunque posizionato sulla parete esterna della casa, e tutti gli abitanti del villaggio attesero trepidanti il momento in cui la strega si fosse trovata davanti il crocifisso.
La donna, ripercorrendo la strada del ritorno come se niente fosse, non si era minimamente accorta del Cristo ligneo che con la sua sola presenza le impediva di entrare in paese, ma quando la strega cercò di oltrepassare il confine tra il bosco e il paese, rappresentato dalla casa sulla quale era stato appeso il crocifisso, una forza misteriosa glielo impedì…

Vedi immagine Crocifisso nel sito originario cliccando qui

…la donna si allontanò, ma prima di scomparire oltre il bosco, lanciò una maledizione: sarebbe tornata, e con lei tutte le sue sorelle, radendo al suolo il villaggio, quando quel crocifisso fosse stato tolto dal luogo in cui si trovava.
Ma il crocifisso, oggi, è ancora lì.

 

Stralcio testo tratto dalla pagina: pensierospensierato sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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