Sulla costa tirrenica, tra Gioiosa Marea e Capo d’Orlando, si adagia Brolo, un borgo antico circondato dai monti Nebrodi e da giardini che degradano dolcemente fino al mare.
Nelle antiche carte dei geografi arabi era chiamata Marsā Dālīah, il “porto della vite”, poiché da qui salpavano le navi cariche di vino siciliano, dorato e profumato come il sole che lo aveva maturato.
Sulla sommità di un promontorio che domina il borgo e le acque, si erge il Castello di Brolo, costruito nel X secolo e per lungo tempo residenza ambita di nobili e cavalieri. Tra le sue mura, la storia ricorda il nome di Bianca Lancia, moglie dell’imperatore Federico II e madre di Manfredi, ultimo re di Sicilia.

La torre del Castello di Brolo – Wikipedia -Foto Daniele Napolitano, opera propria – Licenza CC BY-SA 4.0
Ma la pietra del castello custodisce anche un’altra storia, non scritta nei documenti ma tramandata dalle voci del mare: la leggenda della principessa di Brolo.
Si narra che, molti secoli fa, una bellissima fanciulla di sangue nobile, forse una Lancia, trascorresse le sue giornate affacciata alle finestre del castello, guardando verso l’orizzonte.
Ogni notte, quando la luna rischiarava le onde, il suo amato, un giovane del popolo, raggiungeva le mura via mare con una piccola barca. La principessa calava allora le sue lunghe trecce dorate, e l’innamorato, aggrappandosi a esse, saliva fino alla finestra per incontrarla in segreto.
Ma un giorno, il fratello della giovane scoprì l’amore proibito. Accecato dalla gelosia e dall’orgoglio, decise di porre fine all’unione.
In una notte senza stelle, mentre la principessa attendeva l’amato, il principe si nascose tra gli scogli e, non appena il giovane approdò, lo colpì a morte. Il corpo fu avvolto in un sacco e gettato tra le onde, che lo accolsero in un silenzio funebre.
Da allora, raccontano i pescatori, la principessa Maria non trovò più pace.
Ogni notte tornava alla finestra, attendendo invano la barca che non sarebbe mai più giunta.
Il luogo dove il suo amore trovò la fine prese il nome di “Scoglio del pianto”, e ancora oggi, dicono, nelle notti quiete, una voce di donna si confonde col vento, sussurrando lamenti o auguri ai pescatori che prendono il largo.
Quando il mare è agitato, il suo spirito li ammonisce a rientrare; quando invece l’acqua dorme e la brezza è dolce, il suo canto augura buona pesca e ritorno felice.
La leggenda della principessa di Brolo intreccia amore, morte e mare, i tre elementi che più spesso si incontrano nella memoria poetica della Sicilia.
È una storia di passione e destino, ma anche di fedeltà oltre il tempo, in cui la voce femminile non si spegne nella tragedia: diventa presenza benevola, guida silenziosa dei pescatori e custode del mare.
Come accade in molte leggende isolane, la morte non chiude la vicenda: la trasfigura.
La principessa di Brolo, da vittima d’amore, diventa spirito del mare, simbolo di una speranza che non si arrende, di un amore che, anche sommerso, continua a brillare come una stella sull’acqua.
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