Dalla ghigliottina ai capolavori trafugati: la storia meno raccontata della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche, tra razzie sistematiche e ideologia rivoluzionaria.

Jacques-Louis David – Napoleone attraversa le Alpi – Wikipedia, pubblico dominio
Nell’immaginario collettivo, la Rivoluzione francese evoca la ghigliottina e il Terrore, mentre Napoleone Bonaparte è ricordato per le sue campagne militari che insanguinarono l’Europa per oltre vent’anni, travolgendo nazioni e regimi. Ma c’è un altro aspetto, spesso dimenticato, che merita attenzione: il saccheggio sistematico dei patrimoni artistici dei paesi vinti, una delle più colossali spoliazioni della storia.
Lo studioso Paul Wescher, nel suo saggio I furti d’arte. Napoleone e la nascita del Louvre, ha documentato questo gigantesco trasferimento di opere, orchestrato con meticolosa strategia dal barone Dominique Vivant Denon, consigliere artistico di Napoleone.
All’inizio, la Rivoluzione distrusse impulsivamente molti simboli dell’ancien régime. Presto, però, comprese il valore politico del patrimonio artistico: nacquero i musei pubblici e si sviluppò un florido mercato antiquario. Come affermava l’abbé Grégoire: “I barbari devastano i monumenti, gli uomini liberi li conservano”.
Nel 1795 il Louvre divenne museo nazionale, arricchito da opere confiscate a nobili, ecclesiastici e monarchi. Era il segnale di una nuova ideologia: l’arte come strumento di propaganda, emblema della superiorità della ragione rivoluzionaria.
Prima del 1789, nessun principe europeo aveva pensato di arricchire le proprie collezioni con il bottino di guerra. La Rivoluzione cambiò le regole. Durante la Campagna d’Italia del 1796, Napoleone rese l’arte un elemento strategico, includendola nei trattati di pace e nei contributi di guerra.

Antica stampa – I cavalli bronzei di san Marco vengono inviati in Francia su ordine di Napoleone. Venezia 1797 – Wikipedia, pubblico dominio
In pochi mesi, 110 capolavori italiani, da Milano, Parma, Modena e Bologna, presero la via di Parigi.
Il trattato di Tolentino (1797) sancì la cessione forzata delle opere dello Stato Pontificio. Tra i trofei più simbolici ci furono il Leone di San Marco e i cavalli bronzei della basilica veneziana, bottino della caduta della Serenissima.
I tesori trafugati vennero esibiti con fasto a Parigi. Nel 1798, il corteo dei “Monuments des Sciences et Arts” attraversò la città, culminando nel Louvre. Statue colossali e opere d’arte sfilarono davanti alla folla in una spettacolare celebrazione della vittoria rivoluzionaria.

Ingresso trionfale dei “Monuments des Sciences et Arts” in Francia – Wikipedia, pubblico dominio
Con l’occupazione del Regno di Napoli e del Granducato di Toscana, la spoliazione si completò.
Denon, instancabile regista del progetto, trasformò il Louvre, ribattezzato Musée Napoléon nel 1803, nella più straordinaria raccolta d’arte dell’epoca, documentandola anche attraverso preziose incisioni.
Dal 1806 il saccheggio si estese a Germania, Spagna e Austria. Nel 1811-1812, Denon compì una missione in Italia per colmare l’assenza di opere dei primitivi toscani. Le resistenze incontrate, come quella di Andrea Appiani a Brera, non fermarono la vorace acquisizione.
La sconfitta di Waterloo (1815) pose fine a questa stagione. Le nazioni europee pretesero la restituzione delle opere sottratte. Antonio Canova fu tra i protagonisti delle difficili trattative, che riportarono solo parte dei tesori alle sedi originarie: su 506 dipinti italiani, circa la metà rimase in Francia.
Il progetto del Musée Napoléon, ambiziosamente concepito come catalogo universale del genio umano, si rivelò un’ennesima Torre di Babele: il tentativo di erigere una nuova civiltà basata solo sulla ragione finì per smarrire il senso più profondo dell’arte e della tradizione.

Pietro Perugino, Il matrimonio della Vergine – Musée des Beaux-Arts de Caen – Wikipedia, pubblico dominio
Dietro la spoliazione sistematica operata dalla Rivoluzione francese si celava infatti una chiara intenzione ideologica: distruggere ogni radice sacra e civile, per affermare una nuova supremazia culturale, fredda e disincarnata.
Un orgoglio che, privando l’arte della sua anima, finì col disorientare anche l’uomo.
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