Il Golem è una creatura leggendaria del folclore ebraico, un gigante d’argilla privo d’intelligenza ma dotato di una forza straordinaria. Il suo nome potrebbe derivare dall’ebraico gelem, termine che nella tradizione giudaica viene associato ad Adamo prima che Dio gli infondesse l’anima.

Rappresentazione di un golem – Illustrazione di Philippe Semeria rilasciata con licenza CC BY 3.0

Alla base di questo mito si trova la Cabala, l’antica tradizione mistica ebraica. Essa cerca di indagare il legame tra l’infinito divino e il mondo finito della creazione, offrendo insegnamenti spirituali e pratiche meditative per giungere alla piena realizzazione dell’anima. Secondo la Cabala, la conoscenza dei nomi segreti di Dio può conferire poteri straordinari, tra cui la capacità di dare vita a un Golem.

Il golem e il rabbino Jehuda Loew in un disegno di Mikoláš Aleš (1899) – Wikipedia, pubblico dominio

Chi padroneggia questi arcani saperi, si dice, può modellare un essere d’argilla e animarlo con combinazioni segrete di lettere e parole sacre.
Il Golem, così creato, diventa un servitore fedele, pronto a svolgere compiti gravosi o persino a difendere il popolo ebraico dai suoi oppressori.

Le origini del mito risalgono al Talmud, ma fu nel Medioevo, soprattutto tra i circoli mistici dell’ebraismo ashkenazita, che la leggenda prese forma compiuta.

Una delle versioni più celebri si lega alla città di Praga, dove, nel XVI secolo, visse il rabbino Judah Loew ben Bezalel, figura carismatica e sapiente cabalista.

Secondo la tradizione, Loew avrebbe plasmato un Golem con l’argilla del fiume Moldava per proteggere la sua comunità dagli attacchi e dalle persecuzioni.

La sinagoga Staronova nel quartiere ebraico di Praga. – Wikipedia, pubblico dominio

Nella soffitta della Sinagoga Vecchia-Nuova, il rabbino e i suoi due assistenti unirono i quattro elementi per creare l’essere: la terra dell’argilla, l’acqua e il fuoco evocati dagli aiutanti, e l’aria rappresentata dal pensiero e dalla parola di Loew. Una volta modellato il corpo, il rabbino scriveva sulla fronte del Golem la parola emet, “verità”, per infondergli la vita. Quando la creatura diventava ingovernabile o inutile, bastava cancellare la prima lettera, lasciando met, “morte”, per farlo tornare polvere.

Il Golem non parlava. Per mantenerlo sotto controllo, Loew gli poneva in bocca una tavoletta con inciso il Nome di Dio. Ma un giorno il rabbino dimenticò di rimuovere la parola sacra: privo di guida, il Golem impazzì e cominciò a devastare ogni cosa. Fu necessario distruggerlo, e quello fu l’ultimo Golem che il rabbino creò.

Tuttavia, la leggenda non nacque solo a Praga. Già nel IX secolo, secondo la cronaca di Ahimaaz, si racconta che alcuni saggi ebrei nella città di Oria, in Italia, fossero in grado di creare Golem. Ma abbandonarono tali pratiche dopo aver ricevuto un segno divino che le ammoniva.

Nel tempo, il Golem è diventato simbolo di molti temi moderni: è stato visto come una metafora del servitore creato dall’uomo, simile allo zombie del Vudù o all’automa meccanico.
In effetti, in ebraico moderno la parola golem può anche significare “robot”. Così, questa creatura d’argilla si rivela un precursore dell’androide, anticipando il sogno, o l’incubo, di un essere artificiale al servizio dell’umanità.

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