(revisione ottobre 2025)
Quando l’uomo si alzò per la prima volta in piedi, diventando homo erectus, non cambiò solo postura: cambiò il suo sguardo.
Guardando verso il cielo, vide un universo sconosciuto, punteggiato di stelle e dominato da due grandi luci: la Luna e il Sole. La prima accompagnava la notte, il secondo illuminava il giorno.

Pittura rupestre risalente alla preistoria, grotte di Chauvet in Francia – Wikipedia, pubblico dominio
Osservando la Luna, l’uomo si accorse che il suo volto mutava: cresceva, calava, scompariva per tre notti, poi tornava a splendere. Così nacque un simbolo destinato a durare nei millenni:
il numero tre, legato al ciclo di nascita, morte e rinascita.
Lo stesso ritmo cosmico, secoli dopo, riaffiorerà nel racconto evangelico della risurrezione di Gesù al terzo giorno.
Anche il Sole divenne un simbolo potente: fonte di luce, calore e vita. Ogni sera tramontava a Occidente, la terra dei morti per molte culture antiche, e ogni mattina rinasceva a Oriente, luogo del rinnovamento e della vita eterna.
Ma l’uomo non osservò solo il cielo. Guardò anche la terra: vide le piante appassire d’inverno e rinascere in primavera. Alcune, però, restavano sempre verdi: da qui nacque il simbolo dell’Albero della Vita, segno di continuità e speranza.
In quell’epoca remota, la Natura non era un oggetto esterno da sfruttare o analizzare: era un organismo di cui l’uomo si sentiva parte. Il suo modo di pensare era analogico, fatto di associazioni e intuizioni, capace di cogliere la rete invisibile che lega ogni cosa.
Da questa visione nacque un’idea universale: tutto è connesso.
È il seme da cui germoglieranno le grandi civiltà antiche — la Persia, l’Egitto, la Grecia — e il pensiero filosofico dei primi sapienti. Nelle parole attribuite a Museo, figlio di Orfeo, leggiamo:
“Tutto nasce dall’Uno e si risolve nell’Uno.”

Ermete Trismegisto – Wikipedia, pubblico dominio
Questa stessa intuizione troverà espressione nella “tabula smaragdina” di Ermete Trismegisto:
“Ciò che è in alto è come ciò che è in basso.”
Per secoli, l’idea dell’unità del cosmo è stata dimenticata o considerata eretica. Oggi, però, le scienze moderne sembrano darle nuova voce. La fisica quantistica ha dimostrato che ogni particella dell’universo è in costante relazione con le altre, anche a distanze immense.
Ciò che gli antichi intuivano come verità spirituale, la scienza lo descrive ora come interconnessione energetica.
Per i Greci questo principio era il pneuma, per i Latini anima, per gli Indiani ātman: oggi lo chiamiamo energia.
La materia, spiegano i fisici e i chimici, non è altro che energia condensata, una forma temporanea che si trasforma senza mai scomparire. Lo aveva già intuito Anassagora, nel V secolo a.C., e lo ribadirono Lucrezio e Lavoisier:
“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.”
L’universo, dunque, è un sistema vivo e continuo, dove ogni nascita implica una trasformazione e ogni morte un ritorno. Tutto vibra, tutto risuona, come le note di una stessa grande melodia.

Image by Gerd Altmann from Pixabay
Anche noi, come le foglie di un albero, siamo parte di un tutto più vasto: dipendiamo dai rami, dal tronco, dalle radici della Vita.
La Genesi lo esprime con parole semplici e potenti:
“Dio creò l’uomo a sua immagine.”
Un’immagine che non è forma, ma energia consapevole, scintilla della coscienza universale.
Nascere, morire, rinascere: è il ritmo eterno della Natura, che ci unisce, oggi come allora, al mistero del Tutto.
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