Il nome Materdomini, “Madre di Dio”, risuona di un’antica proclamazione di fede.
Fu il Concilio di Efeso, nel 431 d.C., a conferire solennemente alla Vergine Maria il titolo di Theotokos, “Colei che genera Dio”. Da allora, in ogni lingua e luogo della cristianità, questo nome divenne sinonimo di tenerezza divina e protezione.

Ritratto di Gerardo Maiella. Presumibilmente tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, autore sconosciuto. – Wikipedia, pubblico dominio.
Nel cuore dell’Irpinia, terra intrisa di poesia, di miti e di fede, sorge Materdomini di Caposele, oggi celebre per il suo Santuario dedicato a San Gerardo Maiella.
Un luogo che, tra il profumo delle montagne e il mormorio del Sele, conserva ancora l’aura di una sacralità antica: quella in cui il soprannaturale non si oppone alla vita quotidiana, ma la accompagna.
San Gerardo Maiella, nato a Muro Lucano nel 1726, fu chiamato “l’apostolo dei poveri” e il “santo dei miracoli”.
La sua vita, segnata da una fede ardente, fu un intreccio di prodigi e dolcezze che sembrano usciti da una fiaba sacra: un arcangelo che gli reca la Comunione, una statua che prende vita, ceste vuote che si riempiono di pane, un uccellino che si posa sul suo dito per consolare un bambino in lacrime.
Eppure, dietro ogni meraviglia, si nascondeva la sua umiltà profonda, quella di chi non cercava gloria ma servizio e compassione.
Gerardo fu un uomo che parlava al cuore della gente: la sua santità quotidiana nasceva dal sorriso, dalla povertà, dal dolore vissuto come dono. Morì giovane, consumato dalla tisi, ma lasciò dietro di sé un segno luminoso che non si è mai spento.
Il mistero della Madonna ritrovata

San Gerardo Maiella, chiesa di Santa Brigida, Napoli, opera anteriore al 1905. – Wikipedia, pubblico dominio.
Il nome di Materdomini si lega a una leggenda antica, che racconta come alcuni pastorelli, tra i boschi di Caposele, trovarono una piccola statua della Vergine.
La Madonna apparve loro rivelandosi come Madre di Dio e chiedendo che, nel luogo del ritrovamento, fosse eretta una cappella in suo onore.
I giovani pastori obbedirono, e da allora la piccola effigie della Vergine inginocchiata, raccolta in preghiera, divenne meta di devozione.
Nel 1733, un gruppo di fedeli provenienti da Muro Lucano intraprese un pellegrinaggio notturno verso il santuario.
Uomini, donne e bambini salivano per i sentieri montani illuminati dal chiarore lunare, portando con sé lo stendardo della Vergine e cantando preghiere.
Tra loro c’era un bambino di sette anni, silenzioso, assorto davanti alla statua di Maria. Era Gerardo Maiella.
Quella notte, immerso in un’estasi che lo separava dal mondo, il piccolo contemplò il mistero divino: un momento che segnò il suo destino.

La facciata dell’antica Basilica dedicata a San Gerardo Maiella a Materdomini (AV) – Wikipedia, foto di , opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 3.0
Oggi il santuario che un tempo era una semplice cappella è diventato una maestosa basilica che domina la Valle del Sele, a quasi seicento metri di altitudine, circondata dai monti Alburni, dal Cervialto e dalle catene che proteggono l’Irpinia.
Meta di pellegrinaggi spirituali e di turismo laico, Materdomini unisce l’anima della devozione popolare a quella dell’accoglienza e della bellezza naturale.
A pochi chilometri, l’altopiano del Laceno offre un paesaggio di laghi e neve, come a ricordare che il sacro e il quotidiano possono convivere nella stessa armonia.
Materdomini non è solo un luogo geografico ma un punto dell’anima.
Molti raccontano di sentire San Gerardo accanto a sé, come un compagno di viaggio invisibile che accompagna nelle prove della vita.
Nel mondo di oggi segnato da ansia, violenza, paura e solitudini, la figura di questo giovane santo, fragile nel corpo ma fortissimo nello spirito, diventa simbolo di speranza e fiducia: un faro di luce nelle tenebre della modernità.
Il santuario di Materdomini racchiude due archetipi della fede cristiana: la Madre e il Figlio spirituale.
Maria, Madre di Dio, rappresenta la sorgente del divino che si fa umano; Gerardo, il giovane santo, è l’immagine dell’uomo che, pur fragile, accoglie quella luce e la riflette.
Insieme incarnano il cammino della fede come dialogo tra il cielo e la terra, tra la grazia che discende e la speranza che sale.
Materdomini, in questo senso, non è solo un santuario, ma una metafora del pellegrinaggio interiore, un luogo dove l’uomo può ancora sentire la voce che dice: non temere, io proteggerò il tuo cammino.
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