Era il febbraio del 1994 quando Carsten Peter Thiede, celebre papirologo tedesco, si trovava a Oxford ospite della famiglia della moglie. Proprio lì, quasi per caso, venne a sapere che nella biblioteca del Magdalen College erano custoditi tre minuscoli frammenti di papiro

Spinto dalla curiosità, chiese di poterli visionare personalmente. La sorpresa fu immediata: la scrittura utilizzata era il cosiddetto onciale maiuscolo biblico, uno stile grafico in uso prima della metà del I secolo. Dopo numerosi viaggi di studio a Oxford, Thiede rese pubblici i suoi risultati nel dicembre del 1994, con un articolo apparso sul «Times»: secondo le sue ricerche, quei papiri appartenevano al Vangelo di Matteo e risalivano intorno all’anno 50 d.C.

Papyrus 64 (Magdalen papyrus) – Oxford, Magdalen College – Wikipedia, pubblico dominio.

I tre frammenti, minuscoli nelle dimensioni (il più grande misura appena 4,1 per 1,3 cm), hanno alle spalle una storia singolare. Furono ritrovati alla fine dell’Ottocento da Charles B. Huleatt, cappellano anglicano a Luxor, in Egitto.

Non è chiaro come Huleatt sia entrato in possesso dei reperti. In quegli anni, tuttavia, tra Il Cairo, Alessandria e Luxor circolavano numerosi oggetti archeologici, frutto della riscoperta dell’antico Egitto.
Nel 1901, Huleatt decise di donare i tre frammenti in greco alla biblioteca del Magdalen College, dove aveva studiato. Le sue lettere testimoniano l’avvenuto invio.

Qualche anno dopo, trasferitosi a Messina con la famiglia, Huleatt morì nel tragico terremoto del 1908. I papiri, invece, erano ormai al sicuro a Oxford, dove furono catalogati come reperti del II secolo d.C. e dimenticati per decenni, fino all’intuizione di Thiede.

Gli studi successivi hanno confermato che i frammenti risalgono al 50 d.C. circa, e comunque non oltre il 70. Il testo, in greco, appartiene al capitolo 26 del Vangelo di Matteo. Le parole conservate riguardano momenti fondamentali:

    • l’episodio dell’unguento con cui Maria, sorella di Lazzaro, unge Gesù (vv. 7–10);
    • il dialogo di Gesù con i discepoli sul tradimento di Giuda (vv. 22–23);
    • l’annuncio della risurrezione e dell’incontro in Galilea (vv. 31–33).

Questi dati, insieme ad altre scoperte relative ai Vangeli di Giovanni e Marco, sembrano sostenere l’ipotesi di una redazione molto vicina agli eventi narrati, riducendo la distanza tra i fatti storici e la loro trasmissione scritta.

 

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