Figlia di Spurio Tarpeo, custode della rocca capitolina quando, all’inizio del regno di Romolo, i Sabini guidati da re Tito Tazio sferrarono l’attacco.

Molte sono le versioni che riguardano il suo mito.
Secondo alcuni, invaghitasi del capo dei Sabini assedianti, Tito Tazio, o vinta dal desiderio di avere le armille d’oro che ornavano il braccio dei Sabini, Tarpea avrebbe aperto la porta della cittadella ai nemici, che appena entrati invece del premio promesso la soffocarono sotto gli scudi che portavano al braccio e poi la precipitarono dalla rupe.

Giovanni Bernardi da Castelbolognese, morte di Tarpea, 1520-50 ca, Museo nazionale di Ravenna – Wikipedia– Foto di Sailko, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Ma secondo una versione diversa fu per altri scopi che Tarpea chiese gli scudi; sperava cioè che i Sabini, una volta entrati nella cittadella e sprovvisti della principale protezione, sarebbero stati facilmente uccisi dai Romani, ma il suo messaggero per queste trattative la tradì e passò nelle schiere nemiche. I Sabini venuti al corrente delle sue intenzioni, la uccisero.

Non è perciò chiaro se si trattasse di una eroina o di una traditrice.

Il primo nome della rocca capitolina fu rupe Tarpea e i traditori venivano gettati dalla rupe Tarpea, dal nome della prima presunta traditrice.

La rupe Tarpea come appare oggi. – Wikipedia – Foto di Lalupa, opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0

Altri narravano che Spurio Tarpeo avrebbe voluto consegnare il Campidoglio ai Sabini, e sarebbe stato condannato a morte insieme con la figlia da Romolo, e precipitato dal saxum Tarpeium.

Secondo altri racconti Tarpea sarebbe stata sabina, figlia di Tito Tazio e rapita da Romolo. Il suo tradimento avrebbe costituito così la vendetta contro il rapitore. Ma questo non spiega perché i Sabini l’avrebbero messa poi a morte.

La leggenda, che Livio narra come fabula, si volle spiegare con la contaminazione dell’esistenza della rupe donde si precipitavano i traditori, e di un culto reso non lungi dalla rupe stessa e dalla porta Pandana per la quale si entrava nella città.

Tarpea, eponima del monte Tarpeo, fu una divinità al pari di Acca Larenzia, di Rea Silvia, considerate più tardi come figure mortali, come gli eroi greci, sebbene si prestasse loro culto.

Stralcio testo tratto dalla pagina: unmondoaccanto.blogfree sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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