L’idea che gli antichi egizi e la loro cultura altro non fossero che il prodotto di una più antica civiltà, assai più avanzata, si basa su alcuni artefatti “inspiegabili”, non corrispondenti alle possibilità tecnologiche dell’epoca.

Addirittura, c’è chi avanza l’ipotesi che gli Egizi conoscessero l’elettricità, basandosi sui rilievi del Tempio di Hathor, a Dendera, dove sono incisi oggetti che sembrano raffigurare delle lampadine, almeno secondo l’interpretazione di qualche ingegnere elettrico (uno di loro ha perfino ricostruito, e fatto funzionare, un modello della “luce di Dendera”).

Cripta del tempio di Hathor di Dendera, Egitto – Wikipedia – Foto di Olaf Tausch, proprio lavoro rilasciato con licenza CC BY 3.0

In realtà, la stragrande maggioranza degli egittologi fornisce un’altra interpretazione, basandosi sulle scritte che accompagnano l’incisione: un fiore di loto che dà alla luce il dio Atum-Ra, rappresentato come un serpente che emerge dal nulla, o appunto dal fiore di loto, ovvero la bolla ovale che qualcuno ha scambiato per una lampadina.
Insomma, la misteriosa “luce di Dendera”, è spiegabile rifacendosi ai miti della creazione egizi.

D’altronde, nessun testo antico parla di elettricità, né tantomeno sono stati stati trovati artefatti collegabili a questa tecnologia, in nessun sito archeologico di tutto l’Egitto.
Quindi, a parte l’assenza di tracce di fuliggine o di uso di torce all’interno del Tempio, la possibilità che quei rilievi mostrino delle lampadine elettriche è assai remota. Eppure, secondo alcuni, non rimane traccia di iscrizioni o di manufatti semplicemente perché l’uso dell’elettricità era segreto e riservato solo ai sacerdoti che celebravano i riti religiosi, che si premuravano poi di distruggere ogni prova.

Stralcio testo tratto da un articolo di Annalisa Lo Monaco pubblicato nella pagina di vanillamagazine.it sulla quale vi suggerisco di continuare la lettura…

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