Il popolo etrusco continua a custodire misteri che il tempo non è riuscito a svelare. Dalle origini incerte e dalla lingua ancora in gran parte indecifrata, gli Etruschi si sono guadagnati un posto nella storia come un popolo affascinante e raffinato, lontano dagli stereotipi di arretratezza culturale che caratterizzavano gran parte dell’Italia dell’epoca.
Tra le figure più enigmatiche della loro mitologia spicca Culsu, una furia alata bifronte, spesso al centro di miti oscuri e culti segreti, tanto che la letteratura dei secoli successivi ne ha alimentato un’aura di mistero.
Culsu era strettamente legata a Culsans, divinità delle porte e dei passaggi, che con il tempo avrebbe ispirato il Giano Bifronte del pantheon romano. A differenza di Culsans, Culsu aveva però un compito specifico e inquietante: sorvegliare l’ingresso dell’oltretomba, un ruolo simile a quello di Caronte nella mitologia greca.

Statuetta in bronzo raffigurante Culsans, dalla zona della porta bifora a Cortona, 300-250 ac – Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona – Wikipedia, foto di Sailko opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0
Il legame tra Culsu e Culsans è evidente già nei loro nomi, entrambi derivati dalla parola etrusca culs, che significa “porta”.
Nelle raffigurazioni, Culsu appare spesso con una torcia, per rischiarare il cammino dei defunti nel mondo dei morti, e con un oggetto particolare: un paio di forbici. Queste forbici, secondo molti studiosi, richiamerebbero l’ultima delle tre Parche (o Moire) della mitologia greca, quella che recide il filo della vita tessuto dalle altre due, offrendo così una visione della donna come figura generatrice, ma anche custode del confine tra vita e morte.
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