Tommaso in India: l’apostolo dell’Oriente e il segreto dei rotoli di Nag-Hammadi. Dalla missione apostolica nelle terre d’Oriente alla scoperta dei codici copti nel deserto egiziano: un viaggio tra storia, fede e conoscenza.

Duccio di Buoninsegna – Incredulità di San Tommaso (Siena) – Wikipedia, pubblico dominio.

Negli Atti di Tommaso, il più celebre tra gli scritti apocrifi legati all’Apostolo, si racconta che, nella divisione a sorte fatta a Gerusalemme, all’apostolo Tommaso toccò l’India.
Non un semplice topos devozionale: in terra indiana, i segni del suo passaggio sono numerosi. Nei primi secoli ne parlano Ambrogio, Paolino e Gerolamo; la tradizione vuole che Tommaso sia sbarcato a Mylapore (l’odierna Chennai/Madras), dove subì il martirio e dove ancora oggi si venera la sua tomba.

Già nel Concilio di Nicea (325) compare un vescovo di nome Giovanni, siro-caldeo, “proveniente dall’India”: un dettaglio che suggerisce la presenza di comunità cristiane antichissime. Nella regione del Malabar, nel sud del subcontinente, vive tuttora una tradizione di cristiani che celebrano in lingua siriaca, eco di un cristianesimo che, fin dai suoi albori, guardò alle rotte dell’Oriente.

Accanto alle fonti storiche, la voce della mistica. Nelle contemplazioni della stigmatizzata Anna Caterina Emmerick, Tommaso appare come un instancabile pellegrino dello Spirito: lo si vede nel cuore dell’India, in una capanna di bambù; poi in navigazione con un discepolo tartaro; quindi attraverso la Russia, la Cina, la Tartaria, fino all’India dove, secondo la visione, trova il martirio trafitto da una lancia. Una pietra, sulla quale pregava ogni giorno, avrebbe conservato l’impronta delle sue ginocchia: immagine intensa della fede che scava nella pietra del mondo.

La brocca nella sabbia: Nag-Hammadi, 1945

Primavera 1945. A una sessantina di chilometri da Luxor, due contadini dissotterrano nella sabbia una giara d’argilla. Da quella giara affiora una “brocca” più piccola, metafora perfetta in un’epoca che molti chiameranno era dell’Acquario: gli antichi la raffiguravano proprio con una brocca, e da una brocca, quasi per un gioco del destino, riaffiorano testi sepolti per secoli.

All’interno, un rotolo di lino cerato e bitumato avvolge codici antichissimi. Sono i codici di Nag-Hammadi: parte viene purtroppo dispersa, parte venduta a rigattieri, parte acquistata e conservata dal Museo Copto del Cairo; un’altra quota raggiunge l’Istituto Jung di Zurigo.
Comincia così l’avventura filologica che porterà studiosi egiziani ed europei a tradurre quelle scritture in copto dai caratteri greco-ellenistici.

Dei 13 codici originali, oltre 1350 pagine, ne giungeranno a noi circa 1130. Quasi tutti legati in cuoio, sono traduzioni copte di testi più antichi, che la tradizione collega all’aramaico. Tra questi, il più noto: il Vangelo secondo Tommaso.

Immagine dell’ultima pagina del manoscritto copto (Nag Hammadi) del Vangelo di Tommaso. – Wikipedia, pubblico dominio.

Il Vangelo secondo Tommaso, spesso chiamato, impropriamente, “quinto vangelo”, raccoglie 114 loghia, “detti” di Gesù in forma arcaica. È considerato una delle testimonianze scritte più antiche della tradizione cristiana: un Cristo maestro di conoscenza, che non “vince” il mondo col dolore, ma con l’intelligenza spirituale; un annuncio che dialoga con le grandi vie dell’Induismo, del Buddhismo, del Sufismo, e invita a una ricerca interiore capace di far “ritornare la carne allo Spirito”.

La presenza del Tommaso a Nag-Hammadi non è un episodio isolato, ma il tassello di un mosaico gnostico custodito da una cerchia ristretta di eruditi: la lingua copta, poco diffusa, suggerisce un uso comunitario selettivo.
E tuttavia, già alla fine dell’Ottocento, a Ossirinco in Medio Egitto erano emersi frammenti greci del testo, tra cui il papiro n. 654 con il titolo e il nome di Tommaso: una conferma antica che lega il nome dell’Apostolo a una tradizione ampia e plurale.

In questo incrocio di strade, India e Siria, Egitto e Mediterraneo, Tommaso appare come ponte: apostolo dell’Oriente, custode di loghia luminosi, testimone di un cristianesimo primissimo che, accanto all’annuncio canonico, conserva parole segrete destinate a chi “cerca finché trova”.

 

Nel filo narrativo che unisce Mylapore a Nag-Hammadi, si disegna una mappa che non è solo geografica: è il cammino della Parola attraverso lingue, rotte e sensibilità diverse. Tommaso diventa il simbolo di un cristianesimo aperto all’Oriente, dove l’evangelo non si oppone alla ricerca ma la accende; e dove la conoscenza non è un privilegio per pochi, ma un invito a “conoscere sé stessi” per riconoscere il Padre vivente..

 

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