Fin dai tempi più antichi, l’uomo ha sentito il bisogno di onorare i propri defunti, abbellendone le sepolture in modo proporzionale al grado di civiltà raggiunto. Senza questa pratica, molte testimonianze del passato non sarebbero mai giunte fino a noi. Le tombe dei faraoni, ad esempio, rivelano una raffinatissima cultura che ancora oggi suscita stupore.

Ma è in Mongolia che è stata scoperta una sepoltura ancora più enigmatica. Nel deserto di Gobi (Sha-Mo), il paleontologo americano scoprì i resti del Baluchitherium e uova di dinosauro, mentre l’archeologo russo Koslow portava alla luce i resti dell’antica città di Kharo-Khota. Inizialmente datata a circa 5.000 a.C., durante gli scavi furono trovate strutture ancora più antiche, risalenti a 18.000 anni fa. Tra i reperti, una tomba regale con un simbolo misterioso: un cerchio diviso in quattro parti con una “M” al centro.

Secondo antiche teorie religiose, quel simbolo rappresentava gli elementi fondamentali (aria, acqua, terra, fuoco) e forse anche un potere spirituale o politico. Non potendo identificare con certezza quella civiltà, gli studiosi la ribattezzarono “Mu”, ispirandosi alla lettera centrale. La radice “Mo” (da Sha-Mo) compare inoltre in molte tracce riconducibili a quel regno dimenticato.

Quella che emerge non è la semplice storia di una civiltà fiorita e poi scomparsa a causa dell’inospitalità del territorio. Come per Atlantide, bisogna andare ancora più indietro nel tempo.

Già nel XIX secolo, numerosi archeologi notarono strane somiglianze tra culture lontane tra loro: piramidi a gradoni sia in Egitto che in Asia e America, simboli comuni tra cinesi e Maya, copricapi simili tra egizi e pellerossa. Il filologo italiano Egisto Roggero, nei suoi viaggi nel Pacifico, identificò popolazioni di razza ariana con idiomi e fisionomie simili distribuite su migliaia di chilometri, suggerendo l’esistenza di un’antica razza oceanica.

Mappa da “The Lost Continent of Mu”, 1927. Di James Churchward. – Wikipedia, pubblico dominio

Nel 1868, il colonnello inglese James Churchward, ospite di un monastero buddista in India, fu introdotto ai misteri dei “Naacals”, i Grandi Fratelli venuti da Mu per diffondere la civiltà. Secondo i monaci, tutte le culture antiche – egizia, fenicia, babilonese, cinese, indù – sarebbero nate sotto l’influenza di Mu. Nei sotterranei del convento, Churchward ebbe accesso a tavolette scritte nella “prima lingua dell’umanità”, contenenti la storia della creazione del mondo e del continente perduto.

Mu, descritto come un vasto territorio quadrangolare, occupava gran parte dell’Oceano Pacifico. Sette erano le sue capitali, tra cui Uighur, localizzata proprio sotto la tomba scoperta da Koslow.
Intorno al 12.000 a.C., una serie di catastrofi ne decretarono la fine. Churchward racconta di una “stella Bal” caduta in mare, che provocò esplosioni e terrore tra la popolazione. Il re Ra-Mu, secondo la leggenda, predisse la fine del suo popolo e la nascita di una nuova umanità.

Nel frattempo, in Messico, il geologo William Niven ritrovò tavolette pre-maya con iscrizioni sorprendentemente simili a quelle di Lhasa. Anche qui si parlava della distruzione di Mu: terremoti, fratture nel suolo e la scomparsa improvvisa del continente con i suoi 64 milioni di abitanti.

La coincidenza temporale con la fine di Atlantide ha portato alcuni studiosi a ipotizzare un evento catastrofico unico, forse la caduta di un asteroide, capace di provocare simultaneamente eruzioni e sconvolgimenti geologici nei due continenti. Ancora oggi, nel Pacifico, si contano più di 300 vulcani attivi.

Secondo le tavolette, gli astronomi di Mu avevano previsto la catastrofe e forse tentarono di mettere in salvo una parte della popolazione.

Linee migratorie dai rifugiati di Mu dopo il cataclisma attraverso il Mare delle Amazzoni verso Atlantide e l’Africa. – Wikipedia, pubblico dominio

A sostegno di questa ipotesi, ci sono racconti e leggende su tunnel sotterranei che collegherebbero vari continenti. Se ne parlò anche nel 1944, quando il giornalista americano John Sheppard incontrò ai confini tra Ecuador e Colombia un uomo che si rivelò essere il tredicesimo Dalai Lama, ufficialmente morto nel 1933. Secondo alcune fonti, il Lama si sarebbe rifugiato in Sud America tramite una galleria segreta scavata dai “Grandi Fratelli” di Mu, per pregare là dove tutto ebbe inizio.

 

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