
Jörg Breu the Elder – Proteo in un’incisione del 1531 – Wikipedia, pubblico dominio.
Tra le figure più affascinanti e misteriose della mitologia greca, Proteo emerge come un’antica divinità marina, figlio di Oceano e Teti.
Spesso rappresentato con l’aspetto di un vecchio saggio, il busto umano e la coda di pesce, Proteo appartiene alla schiera dei cosiddetti “vecchi del mare”, accanto a Nereo e Forco, divinità minori ma ricche di significato simbolico.
Il regno di Proteo era il mare, e a lui Poseidone affidò un compito particolare: custodire le foche e le altre creature marine. È nell’Odissea di Omero, nel celebre episodio della Telemachia (Libro IV), che la figura di Proteo viene evocata con maggiore vividezza. Il dio abitava nei pressi dell’isola di Faro, vicino al delta del Nilo. Ogni giorno, a mezzogiorno, emergeva dalle acque per riposare all’ombra delle rocce, circondato dalle foche che sorvegliava con sguardo attento.
Ma Proteo non era solo un pastore marino. Possedeva un dono raro e temuto: la profezia.
Sapeva tutto: ciò che è, ciò che è stato, e ciò che sarebbe avvenuto. Per questo motivo, molti cercavano di sorprenderlo nel sonno, quando era più vulnerabile, per costringerlo a rivelare il futuro. Tuttavia, il dio non si lasciava facilmente catturare.

Erasmus Francisci – Proteo raffigurato in vari aspetti e forme – Wikipedia, pubblico dominio.
Dotato della straordinaria capacità di trasformarsi in qualsiasi essere o elemento naturale – animale, fuoco, vento, acqua – Proteo sfuggiva spesso ai suoi interlocutori, cercando di evitare il peso della verità.
Questo potere, che lo rendeva inafferrabile come l’acqua stessa, era il simbolo della sua natura fluida e mutevole. Solo quando veniva riportato alla sua forma originaria, si arrendeva, e allora parlava con schiettezza e precisione.
Celebre è l’episodio in cui Menelao, di ritorno da Troia, riuscì a costringerlo a parlare: afferratolo saldamente mentre cambiava forma, lo obbligò a rivelare la via per tornare a Sparta. Omero narra anche che Proteo fu padre di Idotea e Teoclimeno, nati dall’unione con la Nereide Psamate.
La figura di Proteo continuò a esercitare il suo fascino anche in epoche successive. Virgilio, nel quarto libro delle Georgiche, lo descrive come colui che conosce ogni cosa, passata, presente e futura. Ma è nel Seicento che il suo mito assume un significato più profondo e allegorico: Proteo diventa l’emblema dell’eterna mutevolezza della realtà, il simbolo di un mondo in continuo divenire, ma anche della frammentazione interiore dell’uomo moderno, smarrito e instabile.
Da questa visione nasce l’aggettivo “proteiforme”, usato ancora oggi per indicare chi è capace di assumere mille forme, adattandosi al mutare delle situazioni, proprio come il dio marino che sfuggiva alla presa del tempo.
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