Cefalo e Procri erano due giovani profondamente innamorati, uniti non solo dall’amore, ma anche dalla passione per la caccia. Avevano giurato reciproca fedeltà, promettendosi lealtà eterna.

Paolo Veronese – Cefalo e Procri – Museo di Belle Arti di Strasburgo, Francia – Wikipedia, pubblico dominio

Un giorno, mentre Cefalo era andato a caccia all’alba, fu notato dalla dea Aurora (Eos), che, rapita dalla sua bellezza, gli propose di unirsi a lei. Nonostante il fascino celestiale della dea, Cefalo rifiutò: aveva dato la sua parola a Procri, e non intendeva venir meno al proprio giuramento.

William-Adolphe Bouguereau (1825-1905) – L’Aurora (1881) – Wikipedia, pubblico dominio

Aurora, allora, gli rispose con astuzia: “Non voglio che tu infranga il tuo voto, se prima non lo farà lei.”
Così, trasformò Cefalo in un giovane straniero ricco e affascinante, colmo di doni preziosi, e lo mandò da Procri per metterla alla prova.

Sotto il falso nome di Pteleone, Cefalo si presentò a Procri, adornandola con un diadema d’oro finemente cesellato. Colpita dalla bellezza del giovane e dalle sue offerte, Procri finì per cedere al corteggiamento. Ma, nel momento più intimo, Cefalo si rivelò. Procri, piena di vergogna e dolore, comprese di essere stata vittima di un inganno ordito da Aurora. Fuggì allora lontano, rifugiandosi a Creta, dove Artemide stava cacciando.
Lì si unì al gruppo delle cacciatrici, ma venne respinta dalla dea, poiché tra loro erano ammesse solo fanciulle vergini.
Procri raccontò allora il proprio dolore e la trappola subita. Artemide, commossa, le donò due strumenti prodigiosi: una lancia che colpiva sempre il bersaglio e un cane, Lailape, che nessuna preda poteva sfuggire. Poi la invitò a sfidare Cefalo nella caccia.

Secondo un’altra versione del mito, questi doni non vennero da Artemide, ma da Minosse, che Procri aveva guarito da un incantesimo lanciato da sua moglie Pasifae. Tale maledizione faceva sì che, durante l’amplesso, dal corpo del re uscissero creature ripugnanti come serpenti, scorpioni e millepiedi, rendendo impossibile qualsiasi unione con una donna.

Determinata, Procri si tagliò i capelli e, travestita da giovane cacciatore, si presentò a Cefalo per sfidarlo. Grazie alla lancia infallibile e al cane invincibile, vinse la gara. Cefalo, incantato da quei doni meravigliosi, offrì ricchezze e metà del suo regno pur di ottenerli. Il misterioso giovane accettò, ma a una condizione: Cefalo avrebbe avuto la lancia e il cane solo se si fosse concesso a lui, come fanno i giovinetti.

Preso dal desiderio, Cefalo acconsentì. Fu allora che Procri si rivelò e, nonostante tutto, gli concesse il perdono.

Il mattino seguente, Cefalo partì per una nuova battuta di caccia, portando con sé i doni di Procri.
La donna, temendo ancora Aurora, lo seguì di nascosto per spiarlo. Nascosta in un cespuglio, udì Cefalo invocare il vento con le parole: “Aura, vieni! Aura, vieni!”

Ignara che “Aura” fosse il nome del vento e non quello di una rivale, Procri, accecata dalla gelosia, balzò fuori dal nascondiglio. Cefalo, credendola una bestia nascosta nella boscaglia, scagliò la lancia fatale che la colpì a morte.

Piero di Cosimo (1486–1510 circa) – La morte di Procri- National Gallery, Londra – Wikipedia, pubblico dominio

Sconvolto dal rimorso e sopraffatto dal dolore, Cefalo si tolse la vita con la stessa arma. Le anime dei due amanti, ricongiunte nella morte, furono trasformate in una stella che ancora oggi brilla nel cielo, annunciando l’arrivo del mattino.

.

 

Condividi: