Nella complessa e affascinante mitologia egizia, Anubi, conosciuto anche come Anpu o Inepu, occupa un posto di rilievo come divinità legata alla morte, alla mummificazione e al passaggio delle anime nell’aldilà.
Spesso raffigurato come uno sciacallo nero o come un uomo dalla testa di sciacallo, il suo aspetto richiama gli animali che si aggiravano nei pressi delle necropoli, custodi naturali delle soglie tra vita e morte.

Statuetta di Anubi, Walters Art Museum – Wikipedia, pubblico dominio.
Secondo la tradizione, Anubi era sposato con Anput, sua controparte femminile, e la coppia ebbe una figlia, Kabechet, che lo avrebbe assistito nei riti di purificazione e mummificazione dei defunti. In un pantheon tanto vasto e mutevole, il ruolo di Anubi evolse nel tempo, ma la sua funzione primaria, quella di custode dell’oltretomba, rimase immutata.
Nei tempi più antichi era considerato il sovrano assoluto del mondo sotterraneo, colui che presiedeva al giudizio dei morti e ne garantiva la protezione. In epoche successive, questo compito passò a Osiride, dopo che questi sconfisse Seth e divenne il dio dei defunti. Tuttavia, Anubi non scomparve: divenne la guida delle anime, colui che le accompagnava davanti al trono di Osiride per la pesatura del cuore, rito che stabiliva il destino eterno del defunto.
Le anime pure potevano accedere ai Campi di Iaru, il paradiso egizio; le altre venivano consegnate ad Ammit, la divoratrice di cuori.

Anubi, Iside, Nefti nella tomba tebana 335 (Nakhtamun), dal regno di Ramesse II – Wikipedia, pubblico dominio.
Anubi era inoltre il signore dell’imbalsamazione e della mummificazione, arti sacre che garantivano l’immortalità del corpo e dell’anima. Si credeva che egli vegliasse su ogni fase del processo, guidando i sacerdoti imbalsamatori con le sue formule e la sua presenza silenziosa.
Anubi rappresenta uno dei simboli più profondi della spiritualità egizia: non un dio della morte nel senso occidentale del termine, ma un ponte tra la vita e l’eternità, custode della soglia che unisce il mondo visibile e quello invisibile. La sua figura, metà uomo e metà animale, incarna la fusione degli opposti, istinto e coscienza, materia e spirito, invitando ancora oggi a riflettere sul mistero del passaggio e sul valore della trasformazione.
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