Seth,  conosciuto anche come Sutekh, Setesh o Set, è una delle figure più complesse e ambivalenti della mitologia egizia.
Dio della pioggia, del vento e delle tempeste, rappresenta la forza primordiale e incontrollabile della natura, ma anche il caos che si oppone all’ordine cosmico, la Ma’at, fondamento dell’universo egizio.

Secondo la teogonia menfita, Seth è figlio di Geb, la terra, e di Nut, il cielo, fratello di Osiride, Iside e Nefti, quest’ultima sua sposa. Nelle rappresentazioni più antiche appare come un animale enigmatico, oggi chiamato dagli studiosi semplicemente “l’animale di Seth”, una creatura dal corpo slanciato, muso allungato e orecchie dritte, forse ispirata a un’antica specie di canide o a un simbolo fantastico. Solo più tardi venne raffigurato come uomo con testa di animale, armato di lancia o di scettro, emblema della sua potenza distruttrice.

Il mito narra che Seth, mosso da gelosia e brama di potere, ordì un complotto contro suo fratello Osiride, re dell’Egitto, uccidendolo e smembrandone il corpo.
Il crimine non rimase impunito: la dea Iside, sposa di Osiride, raccolse le membra del marito e gli ridonò la vita attraverso il figlio Horus, concepito miracolosamente.
Fu proprio Horus, divenuto adulto, a vendicare il padre in una lunga e violenta lotta contro Seth, simbolo della perenne tensione tra ordine e disordine, luce e oscurità, fertilità e aridità.

In epoca predinastica, Seth era venerato nell’Alto Egitto come una divinità benevola legata al mondo dei morti. Il suo culto conobbe grande diffusione, e persino alcuni sovrani, come Peribsen e Khasekhemwy, alla fine della II dinastia,  inserirono il suo nome nella propria titolatura reale, affiancandolo o sostituendolo a quello di Horus.

Con l’unificazione delle Due Terre, però, il predominio di Horus divenne simbolo del nuovo ordine politico e religioso, relegando Seth a un ruolo secondario. La sua figura cominciò a essere associata alle regioni aride, al deserto rosso e alle potenze straniere che minacciavano l’Egitto.

Durante la dominazione degli Hyksos, Seth tornò alla ribalta come loro divinità dinastica, identificato con il dio hurrita della tempesta Teshup. In quel periodo, la sua potenza guerriera e la sua affinità con il vento e la pioggia fecero di lui un protettore delle battaglie e dei re.

Illustrazione da un papiro raffigurante Seth che uccide Apopi trafiggendolo con una lancia. Il mostro è visto nell’atto di insidiare la barca solare su cui è assiso Ra. Museo egizio del Cairo. – Wikipedia, pubblico dominio.

Nella XIX dinastia, il suo nome riapparve nelle titolature di sovrani come Seti I e Seti II, segno del perdurare di una devozione antica. In alcune rappresentazioni, Seth appare a prua della barca notturna del dio solare Ra, intento a combattere il serpente Apopi, incarnazione delle tenebre. Anche nel caos, dunque, egli serve l’ordine cosmico, difendendo la luce dalle forze distruttrici.

Con il tempo, Seth divenne il signore del deserto e delle tempeste, patrono dei carovanieri e dei viaggiatori che attraversavano le sabbie tra un’oasi e l’altra.
Era il dio della guerra e della forza bruta, colui che insegnava la disciplina della lotta e il coraggio del combattimento. La sua potenza, temuta e rispettata, veniva invocata per ottenere vittoria e protezione contro i nemici.

Originario della città di Ombos, luogo sacro del suo culto, Seth non fu mai del tutto cancellato dalla religione egizia. Anche quando venne considerato dio ostile, incarnazione del disordine e dell’alterità, continuò a rappresentare una dimensione necessaria dell’universo, quella forza che, pur distruttiva, contribuisce all’equilibrio del mondo.

Seth non è semplicemente il “dio malvagio” della mitologia egizia: è l’ombra necessaria del cosmo, la parte oscura che dà senso alla luce.
Nel suo volto si riflette l’ambivalenza dell’esistenza stessa, la tensione tra distruzione e creazione, tra tempesta e quiete, tra deserto e fiume.
Come in ogni grande mito, anche qui il caos non è negazione, ma energia primordiale da comprendere e dominare.
Seth resta, in fondo, la personificazione di ciò che l’uomo teme ma di cui ha bisogno: la forza che rompe gli equilibri per crearne di nuovi.

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