
Edward John Poynter – La visione di Endimione, 1902 – Wikipedia, pubblico dominio
Tra gli amori vissuti dalla dea lunare Selene, quello per Endimione, il re-pastore dell’Elide, è senza dubbio il più celebre e struggente.
La tradizione racconta che, rapita da una passione irrefrenabile, Selene discendesse ogni notte dal cielo per raggiungere il giovane che dormiva in una grotta del monte Latmio, in Asia Minore.
Ogni volta che la dea spariva dietro la cresta del monte, il cielo rimaneva immerso nell’oscurità, segno che Selene aveva lasciato il suo trono di luce per un incontro d’amore segreto.
Temendo di perderlo, la dea, secondo una delle versioni più poetiche del mito, avrebbe scelto di imprigionarlo in un sonno eterno, così da poterlo ammirare per sempre, immobile nella giovinezza, al riparo dal passare del tempo.

Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson – Il sonno di Endimione – Wikipedia, pubblico dominio
Non tutte le tradizioni concordano sulla natura di quel sonno incantato.
Per alcuni autori antichi, fu Zeus a punire Endimione, reo di aver rivolto le sue attenzioni a Era, la gelosa sposa del sovrano degli dèi.
Per altri, invece, quello stesso sonno fu un dono divino: Zeus, commosso dal desiderio del giovane di sfuggire alla vecchiaia e alla morte, esaudì la sua preghiera, consegnandolo a un sogno senza fine.

Nicolas Poussin – Selene e Endimione – Wikipedia, pubblico dominio
Quale che fosse la versione preferita, i poeti e i mitografi concordavano su un punto: quell’amore non fu sterile.
Selene ed Endimione furono uniti in una passione feconda, dalla quale nacquero, secondo Pausania, cinquanta figlie, simbolo dei cinquanta cicli lunari che scandivano l’anno antico.
Un mito, dunque, che fonde amore e cosmologia, desiderio e ritmo del tempo.
L’amore di Selene per Endimione sopravvisse alla caduta del mondo classico, ispirando poeti, pittori e musicisti.
Nel Rinascimento e oltre, la leggenda divenne simbolo della bellezza eterna e irraggiungibile:
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- John Lyly, nel suo dramma Endymion, the Man in the Moon, rese immortale la figura del pastore innamorato della dea.
- Pietro Metastasio, nel 1721, compose su questa storia la sua prima serenata musicale.
- Oscar Wilde, infine, ne fece poesia, vedendo nel sonno di Endimione il gesto estremo di chi tenta di preservare la perfezione dall’usura del mondo.
In pittura, il tema fu amato da Anthony van Dyck, Nicolas Poussin, Anne-Louis Girodet e Anton Raphael Mengs, tutti affascinati dal contrasto tra la luce lunare e la quiete immortale del giovane dormiente.
Anche la musica accolse il mito, con opere e cantate del Seicento e Settecento, tra cui una composizione di Johann Sebastian Bach (1713), che ne colse l’armonia sospesa tra amore terreno e divino.
Non solo arte e letteratura: l’eco del mito ha raggiunto anche il linguaggio dell’astronomia.
Nel 1935, l’Unione Astronomica Internazionale ha battezzato Endymion un cratere lunare, in memoria dell’amante di Selene.
E un asteroide, il (342) Endymion, continua a portare il suo nome, come se il giovane pastore dormisse ancora sotto lo sguardo luminoso della sua dea.
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Il mito di Selene ed Endimione è una delle più intense allegorie dell’amore e del tempo.
La dea, che incarna la luce mutevole della luna, si innamora di un mortale e lo consegna all’eternità del sogno: un atto che rivela il desiderio divino di fermare l’istante, di preservare la bellezza dalla corruzione del tempo.
Ma, in fondo, quel sonno infinito non è forse anche la condizione dell’amore stesso?
Un desiderio che non si consuma, una presenza silenziosa che vive, notte dopo notte, nella luce pallida della luna.
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