Nel cuore dell’antico Egitto, ogni anno si celebrava un miracolo: lo straripamento del Nilo, evento tanto temuto quanto atteso, che trasformava la valle arida in una distesa fertile e rigogliosa. Questo fenomeno non era solo naturale, ma profondamente sacro.

Un’illustrazione dell’Enciclopedia Biblica, una pubblicazione del 1903 che ora è di pubblico dominio. Per l’articolo ‘Nilo’. Immagine di Hapi, la divinità del Nilo. – Wikipedia, pubblico dominio
Gli Egiziani lo attribuivano a una divinità gentile e generosa: il dio Hapy, personificazione vivente delle inondazioni del grande fiume.
Hapy non era un dio guerriero, né un signore dei cieli. Era piuttosto una figura materna, prospera, rassicurante, che rappresentava l’abbondanza, la fertilità e la vita stessa. Raffigurato con il ventre pieno e seni abbondanti, Hapy appariva spesso con piante acquatiche sulla testa, segno del suo stretto legame con le acque fluviali e la vegetazione. I suoi colori erano quelli del Nilo: il verde profondo dell’acqua e delle rive, la tonalità bruna del limo che fertilizzava la terra.
Benché non avesse templi propri, Hapy era profondamente venerato. La sua immagine appariva nei santuari di molte altre divinità, a testimonianza della sua importanza quotidiana. Ogni anno, nel mese di giugno, i contadini, i sacerdoti e il popolo gli offrivano doni, inni e formule rituali, nella speranza che l’inondazione raggiungesse l’altezza ideale: né troppo poca, né troppa, ma giusta per rendere fertili i campi e garantire il raccolto.
Hapy abitava, secondo la tradizione, tra le cateratte del Nilo, nelle acque tumultuose vicino all’isola di Bigeh, presso la prima cataratta. Da lì, nella sua grotta sacra, versava le acque divine verso la terra e verso i cieli. Alcuni ritenevano che la sua fonte fosse Nu, l’oceano primordiale che esisteva prima della creazione. Per altri, lo straripamento annuale del Nilo era il pianto di Iside, in lutto per la morte del suo amato Osiride.
Questa dualità, tra l’aspetto maschile del dio e la sua energia profondamente nutriente, è uno degli elementi più affascinanti di Hapy. La sua figura androgina, i seni da nutrice, il ventre abbondante, ci parlano di una divinità che dona senza limiti, che incarna la vita stessa in ogni forma. Anche se era maschio, Hapy rappresentava la capacità di nutrire, accogliere e rigenerare, proprio come faceva il Nilo per il popolo egizio.
Lastra di calcare che mostra il dio delle inondazioni del Nilo Hapy (Hapi). XII dinastia. Dalle fondamenta del tempio di Thutmose (Tuthmosis) III, Koptos, Egitto. Il Petrie Museum of Egyptian Archaeology, Londra – Wikipedia, foto di Osama Shukir Muhammed Amin FRCP(Glasg), opera propria rilasciata con licenza CC BY-SA 4.0
Hapy ci ricorda che le forze della natura, in ogni tempo, sono state venerate come sacre. E in un’epoca in cui il pane quotidiano dipendeva dalla benevolenza delle acque, il dio del Nilo era il volto della speranza, della sopravvivenza, della gratitudine. Un dio silenzioso, senza templi, ma profondamente presente nella vita e nel cuore di ogni egiziano.
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