Atlantide: un nome che evoca meraviglia, un luogo leggendario descritto da Platone quattro secoli prima della nostra era. Era una terra splendida, abitata da un popolo fiero di marinai, padroni di tecniche architettoniche avanzate e misteriose. La sua capitale, un gioiello urbanistico, rappresentava l’apice della civiltà. Ma la perfezione, si sa, è fragile. Col tempo, quel popolo cadde nella corruzione e nel materialismo. E proprio mentre il cielo cambiava e il sole sorgeva in un punto diverso dell’orizzonte, un cataclisma spazzò via Atlantide: un maremoto apocalittico cancellò il regno dalla faccia della Terra.

Oltre duemila anni dopo il racconto di Platone, una coppia di studiosi canadesi, Rand e Rose Flem-Ath, ha riacceso l’interesse attorno a questo misterioso continente perduto.
Dopo vent’anni di ricerche, si sono recati in Europa, precisamente alla biblioteca del British Museum di Londra. Proprio lì, scavando tra manoscritti dimenticati e studi moderni, hanno formulato un’ipotesi sorprendente: le rovine di Atlantide si troverebbero sotto i ghiacci dell’Antartide, sepolte dal 10000 a.C.

La loro teoria non si basa su semplici suggestioni, ma affonda le radici nelle idee di Charles Hapgood, un professore americano che nel 1953 propose una teoria affascinante: secondo lui, il peso delle calotte polari avrebbe potuto causare uno scivolamento della crosta terrestre, simile alla buccia di un’arancia che si muove su se stessa. Un’ipotesi talmente ardita che persino Albert Einstein la prese in seria considerazione, scrivendo l’introduzione al libro di Hapgood pubblicato nel 1958.

Illustrazione di Antonio Snider-Pellegrini – Oceano Atlantico, chiuso e aperto (1858) – Wikipedia, pubblico dominio

Hapgood ipotizzava che un improvviso slittamento della crosta terrestre potesse aver provocato cataclismi in grado di cancellare interi continenti. Se Atlantide fosse realmente esistita, potrebbe aver subito proprio una di queste trasformazioni. Forse, i suoi abitanti riuscirono a fuggire prima del disastro, trovando rifugio in zone più elevate, come il lago Titicaca nelle Ande, gli altopiani della Thailandia o dell’Etiopia, proprio quei luoghi dove, curiosamente, nacque l’agricoltura intorno al 9600 a.C.
È possibile allora che i superstiti di Atlantide abbiano dato origine a nuove civiltà? I Flem-Ath se lo sono chiesto osservando la coincidenza tra la data del cataclisma riportata da Platone e l’inizio delle prime attività agricole nel mondo.

Frammento sopravvissuto della “mappa del mondo” di Piri Reìs – Wikipedia, pubblico dominio

Un altro elemento inquietante a sostegno di questa teoria fu scoperto da Hapgood nel 1956: una carta nautica disegnata nel 1513 dall’ammiraglio turco Piri Reis, che rappresentava in modo straordinariamente preciso la costa orientale del Sudamerica – ma soprattutto, raffigurava l’Antartide, ancora libera dai ghiacci, in un’epoca in cui quel continente non era nemmeno stato ufficialmente scoperto. Quando la carta fu confrontata con rilevamenti geologici effettuati nel 1949, gli esperti dell’aviazione americana rimasero sconcertati: la somiglianza era impressionante.

Un secondo documento rafforza il mistero: la mappa di Oronteus Finaeus del 1531. Anche qui, l’Antartide è raffigurata nei minimi dettagli: montagne, fiumi e pianure. Tutti elementi coerenti con le analisi geologiche moderne e, sorprendentemente, con quanto raccontava Platone. Gli studiosi concludono che entrambe le carte dovevano derivare da mappe molto più antiche, probabilmente realizzate da una civiltà tecnologicamente avanzata, come appunto quella di Atlantide.

Secondo i Flem-Ath, solo una civiltà sviluppata sotto un clima temperato e su terre fertili avrebbe potuto prosperare così tanto. Considerando un ipotetico spostamento dell’Antartide verso nord, come suggerito da Hapgood, il continente si sarebbe trovato in una posizione climatica perfetta per lo sviluppo umano.

E se davvero Atlantide fosse esistita, spiegherebbe anche la presenza di monumenti megalitici sparsi in tutto il mondo, la cui costruzione sfida ancora oggi le spiegazioni convenzionali: templi in America Latina, le piramidi d’Egitto, e soprattutto la Sfinge di Giza, che recenti studi datano a circa 10000 anni fa, sulla base di erosioni dovute a piogge torrenziali – eventi che non si verificano in Egitto da millenni

Piramidi di Menfi. Pianta topografica delle piramidi e dintorni. – Wikipedia, pubblico dominio

A sostenere un legame con Atlantide vi è anche la disposizione delle piramidi egiziane, che sembrano ricalcare la costellazione di Orione così come appariva nel 10450 a.C., ben prima della nascita della civiltà egizia conosciuta.

Ma questi misteri non si fermano alla terra. Anche il cielo ci parla. La posizione delle stelle cambia lentamente nel tempo a causa dell’oscillazione dell’asse terrestre, un ciclo chiamato precessione degli equinozi, della durata di circa 26000 anni. Questa oscillazione può anche causare l’inversione dei poli magnetici, un fenomeno che si verifica ogni 500.000 anni circa. L’ultima inversione risale a 780.000 anni fa, e gli scienziati ritengono che un nuovo ribaltamento potrebbe avvenire in tempi relativamente brevi. Se così fosse, le conseguenze potrebbero essere drammatiche: sconvolgimenti climatici, disorientamento delle specie migratorie e altri eventi imprevedibili.

E così, mentre ci interroghiamo sull’origine della civiltà, sulle verità nascoste nei miti e sulle forze della natura che ancora oggi ci sfuggono, resta una domanda aperta: e se Atlantide non fosse solo una leggenda?

 

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