Ricostruzione della “Via della Processione” di Babilonia – Wikipedia, pubblico dominio

L’Enuma Elish, il poema babilonese della creazione, veniva recitato ogni anno durante una solenne processione che si snodava per le strade di Babilonia, fino al tempio di Marduk, in occasione del capodanno. Questa recitazione solenne non era solo un rituale religioso, ma un vero e proprio rinnovamento cosmico: narrava l’ordinamento dell’universo e, nel farlo, offriva agli uomini un codice morale e un modello per vivere correttamente la propria esistenza.

Enuma Elish e Teogonia: confronti tra Oriente e Grecia

Sia l’Enuma Elish che la Teogonia di Esiodo rappresentano tentativi di spiegare l’origine del cosmo e degli dei, partendo dalle forze primordiali.

Hesiod, theogony, venice, gr. 464

Il manoscritto della Teogonia di Esiodo, copiato nella prima metà del XIV secolo, accompagnato dai commenti dei lettori medievali. Conservato nella Biblioteca Marciana veneziana con il numero Gr. 464. Foglio 158. – Wikipedia, pubblico dominio

Non mancano analogie tra le divinità dei due testi: basti pensare alla somiglianza tra Marduk e Zeus, entrambi dei supremi che emergono da un conflitto tra generazioni divine. Tuttavia, il processo è diverso: nel mito mesopotamico, Marduk plasma il mondo dopo aver sconfitto le forze caotiche (come Tiamat), mentre per Esiodo, l’ordine cosmico si delinea progressivamente, attraverso le varie generazioni divine.

Una somiglianza ricorrente è il tema dell’oppressione dei figli nel grembo materno: i Titani sono rinchiusi da Urano nel ventre di Gaia, e nell’Enuma Elish i giovani dei sono imprigionati da Tiamat. Tuttavia, l’idea di umanità differisce profondamente: nel poema babilonese, l’uomo è creato per servire gli dei, mentre nella Teogonia non si parla nemmeno della creazione umana. In ogni caso, Esiodo non immagina l’uomo come subordinato agli dei, ma potenzialmente autonomo.

È improbabile che Esiodo abbia inventato la genealogia divina da zero: più realisticamente, egli attinge a una tradizione mitica già esistente, forse filtrata attraverso canali indiretti. Non è una copia dell’Enuma Elish, ma una sistematizzazione di motivi comuni ai miti del Vicino Oriente, riordinati in una narrazione unitaria.

Paralleli ittiti: il mito di Kumarbi

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Teogonia Ittita dopo il canto di Kumarbi – Wikipedia, autore Edouard d’Erasme –   GNU Free Documentation License

Un interessante parallelo si trova nel mito ittita di Kumarbi, risalente al XIII secolo a.C., e derivato da una più antica tradizione hurrita. Qui, quattro divinità si contendono il potere: Alalu, Anu, Kumarbi e il Dio delle Tempeste (simile a Zeus).
Kumarbi sconfigge Anu e lo evirando ne ingerisce la virilità. Ma Anu lo avverte:
“Non gioire troppo: ti ho ingravidato con il Dio delle Tempeste, con il fiume Tigri e con il dio Tasmisu.”

Come Crono nella Teogonia, Kumarbi genera divinità dentro di sé, ma invece di divorarle, le vomita. Anche qui troviamo un dio delle tempeste dal carattere simile a Zeus. Ma l’abilità di Esiodo è nel collegare questi frammenti mitici in una narrazione coerente, cosa che nei testi orientali spesso manca.

Un altro racconto affascinante ci giunge attraverso Eusebio di Cesarea, che nel III-IV secolo d.C. trascrisse un’opera di Filone di Biblos, autore del II secolo. Filone afferma di riportare i miti dei Fenici, ricevuti da fonti precedenti alla guerra di Troia. A lungo si pensò che il racconto fosse una finzione letteraria, ma gli scavi nella città di Ugarit hanno confermato molti elementi del mito, restituendogli credibilità storica.

Nel mito, il dio El, equivalente fenicio di Crono, spodesta suo padre (una figura assimilabile a Urano). Tuttavia, qui Urano tenta più volte di riprendere il potere, fino a quando El, dopo una lunga guerra, lo evirerà con un’imboscata. A differenza del mito greco, l’azione non è pianificata dalla madre e dalla mutilazione non nascono altri dei, ma si spiega un fenomeno naturale: l’arrossamento di un fiume siriano.

Filone interpreta le divinità come eroi divinizzati, secondo l’approccio detto evemerismo, teorizzato da Evemero nel III sec. a.C. Secondo questa visione, gli dei sarebbero uomini realmente esistiti, successivamente venerati per le loro imprese. È incerto se questa interpretazione sia di Filone o insita nel mito stesso.


Cosmogonie e creazione nel Vicino Oriente

Nel mito fenicio, la creazione del mondo avviene da un caos primordiale, un vento oscuro senza forma né limite. Da questa condizione emerge un principio chiamato Desiderio, che genera tutti gli elementi: le acque, il cielo, la terra, gli esseri viventi.

Questi racconti mostrano che la Teogonia di Esiodo si colloca all’interno di un più ampio panorama culturale. Non possiamo identificare con certezza le sue fonti, ma è evidente che Esiodo organizza elementi mitici sparsi in una visione sistematica del cosmo.

Tra le cosmogonie antiche, solo la Bibbia si distingue per un elemento fondamentale: Dio non ha origine. Non è generato da nessuno, non è contenuto nel tempo o nello spazio, e non lotta contro forze primordiali.
Dio crea con la parola, senza scontri né opposizioni. “Dio disse: Sia la luce. E la luce fu.” Questo crea una frattura netta con i miti precedenti. La Bibbia non racconta una guerra tra dei, ma una volontà divina ordinatrice, sovrana e assoluta.

Solo con l’incontro tra filosofia greca e pensiero cristiano emergeranno pienamente le differenze teologiche e cosmologiche rispetto ai miti antichi.

Anche l’antico Egitto possiede visioni cosmogoniche complesse. In un testo databile attorno al 2400 a.C., si legge:

“O Atun, tu eri sulla collina primordiale, la prima terra sorta dalle acque.”

La creazione parte dal Nun, l’oceano primordiale. La collina sacra emerge dalle acque, e su di essa Atun, identificato con il sole, inizia la creazione. Da uno sputo o da altri gesti simbolici nascono le prime divinità, come il dio dell’aria.

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Affresco del pavimento di Qasr al-Hayr al-Gharbi, Siria, scena: Gaia (Gea) e centauri del mare – Wikipedia, pubblico dominio

Altri testi egizi, pur se redatti in epoche successive, riflettono tradizioni ancora più antiche. In essi appare Ptah, dio creatore che concepisce il mondo con il pensiero e lo genera con la parola. Il nome dà esistenza alle cose. Questa idea anticipa, per certi versi, concetti che troveremo anche nella filosofia greca e nella teologia cristiana.

Dalla mitologia alla speranza cristiana
Il cristianesimo nasce in un mondo permeato da miti e rituali. Come venne accolto? Un esempio significativo lo offre il racconto della conversione del re Edvino, riportato da uno storico medievale. Prima di accettare il cristianesimo, Edvino consultò i suoi bardi. Uno di loro disse:

La vita dell’uomo mi sembra come il volo
di un passero che entra da una finestra,
attraversa la sala illuminata e poi
scompare di nuovo nella notte. Per un
breve momento, trova calore e luce, ma
subito dopo è travolto dalle tempeste. Se
questa nuova fede può offrirci una
speranza, allora ascoltiamola.

In queste parole si coglie il senso di smarrimento esistenziale dell’uomo antico. Il cristianesimo portava un messaggio nuovo: la salvezza e l’immortalità dell’anima, assenti nei miti del passato.

Mentre i miti mitologici parlano di lotte, generazioni divine e caos ordinato, il cristianesimo annuncia una vita oltre la morte, una redenzione personale, e una visione razionale e trascendente del divino, destinata a dialogare con la filosofia greca e a dare forma alla teologia occidentale.

 

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