Quando pensiamo a Circe, l’immaginazione corre subito all’immagine di una maga potente, di una strega capace di ammaliare uomini e trasformarli in animali. Eppure, dietro questa rappresentazione si nasconde molto di più: Circe non è una semplice incantatrice, ma una vera e propria divinità, figlia di Elios, il dio del sole, e dell’oceanina Perseide. Alcune fonti arrivano persino a identificarla come figlia di Ecate, oscura dea notturna associata alla magia.

Gioacchino Assereto – Circe mescola il vino – Dayton Art Institute, Ohio, United States – Wikipedia, pubblico dominio.
Il legame con il sole è evidente in ogni aspetto della sua figura. Suo fratello è Eete, il re della Colchide custode del Vello d’oro, il cui nome deriva dal greco héos “aurora, sole”. L’isola stessa in cui dimora Circe, Eea, porta con sé la stessa radice linguistica. E persino il nome della dea, Circe, richiama il “circolo”, la forma perfetta dell’orbita tracciata dal sole attorno alla terra.

Waterhouse – Circe offre una coppa a Ulisse – Wikipedia, pubblico dominio
Una genealogia che ci svela un personaggio ben lontano dall’immagine della fattucchiera: Circe è sorella di Pasifae, moglie di Minosse e madre del Minotauro, e zia della celebre Medea.
Il mito più noto che la vede protagonista è narrato da Omero nell’Odissea.
Ulisse, approdato con i suoi compagni sull’isola di Eea, manda alcuni di loro in esplorazione: accolti nel palazzo della dea, bevono le sue pozioni e vengono trasformati in porci o, secondo altre versioni, in animali che riflettono la loro vera natura. Solo Euriloco, diffidente, si salva e corre a riferire l’accaduto al suo re.
Per affrontare Circe, Ulisse riceve l’aiuto di Ermes, che gli consegna un’erba magica, il moly, capace di neutralizzare gli incantesimi. La dea, vedendo svanire l’efficacia delle sue arti, non ha altra scelta che restituire agli uomini il loro aspetto originario.
Ma il rapporto tra Ulisse e Circe non si chiude lì: l’eroe resta al suo fianco per un anno intero, e dall’unione dei due nascerà Telegono, futuro fondatore di Tuscolo.
Secondo alcune tradizioni, da loro sarebbero discesi anche figure eponime come Latino, capostipite dei Latini, e persino Romo, che avrebbe dato il nome a Roma.

Agostino Carracci – Glauco e Scilla, 1597 – Galleria Faenese, Roma – Wikipedia, pubblico dominio
La dea riappare in altri episodi della mitologia: amante del re latino Pico e, secondo alcune leggende, dello stesso Giove, da cui avrebbe generato Fauno. Quando Giasone e Medea fanno ritorno dalla Colchide, Circe li accoglie e purifica la nipote dai crimini commessi, pur riservando a Giasone un’accoglienza ben meno benevola.
Infine, a Circe è attribuita anche la metamorfosi di Scilla, la fanciulla che aveva conquistato il cuore del dio marino Glauco, conteso dalla dea. Gelosa, Circe riversò su di lei un incantesimo crudele, trasformandola in un mostro marino destinato a insidiare Ulisse e i suoi compagni nello stretto di Messina.
Così Circe, figlia del sole e padrona degli incantesimi, resta sospesa tra due mondi: dea luminosa e insieme maga oscura, figura che incarna il fascino eterno dell’ambivalenza mitologica.
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